Politica

Ogni dandy, chi più, chi meno, chi nient'affatto, è stato per un certo e breve periodo della sua esistenza impegnato politicamente. Baudelaire, nei moti rivoluzionari francesi del 1848 s'infiammò per la causa e, impugnando un fucile, incitava i compagni rivoluzionari a fucilare il colonnello Jacques Aupick, suo odiato patrigno. Presto, però, si spense quella fiamma che ardeva nel petto del giovane dandy, ed egli finì per abbandonarsi definivamente all'arte, tralasciando la politica e le rivoluzioni, definendole in più occasioni inutili. E questa è la spiaggia alla quale approdarono tutti i dandies: Drieu La Rochelle, dopo essersi impegnato seriamente in politica (di sinistra prima della guerra, pacifista europeizzante in secondo momento, poi ancora fascista e collaborazionista ) finisce per abbandonarsi ad un tacito fatalismo, oltre che a vagheggiare per un'europa governata dai comunisti; lui stesso però non fornisce indicazioni chiare su questo punto, dicendo: "Quando Doriot [demagogo fascista] sarà al potere, mi stacco da tutto e passo all'opposizione!". Ancora, confessa a Borges di essersi lasciato cadere nel fascismo "per pigrizia"; eppure, a questo caduto dalla parte sbagliata bisogna riconoscere tre doti: la lucidià, lo stile, la dignità. Nel suo Diario annota: "I miei amici hanno colto benissimo, ed era piuttosto visibile, il carattere femmineo, invertito, del mio amore per la forza. Ma questo è presente in certi intellettuali comunisti come in certi fascisti!". Ancora una volta, per questo personaggio, cito Scaraffia: "La Rochelle si era schierato dalla parte sbagliata sapendo di sbagliare, di andare contro la storia, con dei cavalieri che erano in realtà dei banditi. Se, durante l'occupazione tedesca, aveva accettato di mescolarsi ai collaborazionisti era stato 'non tanto per collaborare, quanto per non essere altrove, fra la massa che sudava di paura e di odio' " (G. Scaraffia, Gli ultimi dandies).

Ad Alberto Moravia, in visita allo studio di Malraux, l'anziano dandy sciorina una serie di aneddoti su De Gaulle, del quale è, al momento, un accanito sostenitore. Moravia pensa a quante frasi simili ha sentito durante il periodo fascista Italiano, e pensa che se la Francia è allo stesso punto dell'Italia del '22, Malraux sta svolgendo il ruolo di D'Annunzio. Quante analogie tra il Malraux rivoluzionario e cosmopolita e il D'Annunzio erotico e decadente; nazionalismo e comunismo sono, per entrambi i due dandies, modi d'espressione, non scopi. Poi Malraux si accende un'altra sigaretta e, infervorato, si mette a parlare del suo ultimo libro, per poi passare all'arte delle steppe e a Piero della Francesca. Moravia, affascinato dalla retorica wildeiana, non apre bocca. Un altro grande dandy francese, Paul Morand, consigliava al giovane Nimier: "Niente politica perchè tutto è perduto. Stia tranquillo".

LA NOBILTA' DELLA SCONFITTA:
Mi pare a questo punto obbligatorio il collegamento con un'altra pagina del sito, quella sulla Religione. Come già in quella sezione spiego, la nobiltà sprigionata della minoranza, e quindi dalla sconfitta, è fonte d'inesauribile piacere per ogni dandy. Si pensi alla grande sconfitta di Oscar Wilde: dopo anni di duro lavoro nelle carceri inglesi, ne era uscito certamente distrutto, ma i primi fra i suoi amici ad incontrarlo a Parigi lo descrissero per nulla cambiato (se non nel fisico): come già nella sua epoca d'oro, il dandy irlandese amava romanzare le sue più piccole avventure; ed ecco che i secondini diventano miserabili mostri, il direttore una specie di grande Lucifero, capace di uccidere innocenti bambini per il più puro gusto di farlo....
Il dandy, disinteressato a vibrare all'unisono con la storia, cerca negli sconfitti un riflesso della propria virtù che più ama: il distacco da ogni interesse, l'ebbrezza d'esser in minoranza, il gusto del gioco e della morte. Il dandy non è mai per qualcosa, ma sempre e soltanto contro qualcos'altro. Sentenzia Cocteau: " L'estetica dell'insuccesso è l'unica durevole. Chi non capisce l'insuccesso è perduto".
Il dandy si caratterizza per il rifiuto di quei valori borghesi sui quali si è edificata la cosiddetta 'civiltà': l'utile, il denaro e il lavoro. il dandy può contrapporsi alla democrazia proclamando la sua appartenenza a una sorta di "nuova aristocrazia" (Baudelaire), poichè possiede facoltà che non è dato comprare. Dice Max Beerbohm: "Il dandysmo si pone fini propri, stabilisce leggi proprie e non ne riconosce altre".

Per avere ancora qualche idea in più su ciò che la politica rappresenta per il dandismo, e viceversa, invito alla lettura dei seguenti articoli giornalistici, trovati nella Rete:

di Umberto Eco: Alle armi, o mansueti!
di Umberto Menduni: Politica, esibizionismo, voyersimo.