"Così, una delle conseguenze del dandismo, una delle sue principali caratteristiche – per meglio dire, la sua caratteristica più generale – è quella di produrre l’imprevisto, ciò che una mente abituata al giogo delle regole non potrebbe a rigor di logica mai attendersi. Anche l’eccentricità, quest'altro frutto della terra inglese, produce l'imprevisto, ma in modo diverso, sfrenato, selvaggio, cieco. E' una rivoluzione individuale contro l'ordine costituito, talvolta contro la natura, che sfiora spesso la follia. Il dandismo, al contrario, si fa beffe delle regole e al tempo stesso le rispetta ancora. Ne soffre e se ne vendica pur continuando a subirle; si richiama ad esse mentre le sfugge; volta a volta le domina e ne è dominato: duplice e mutevole carattere! Per giocare a questo gioco, bisogna poter disporre di tutti gli artifici che creano così la grazia, così come le sfumature del prisma, riunendosi, formano l'opale." Così Barbey d'Aurevelly, in un passaggio del suo "George Brummel e il dandismo", pubblicato nel 1884, descrive perfettamente la 'necessità' che ha il dandy di stupire. Come ci ricorda d'Aurevilly, il dandismo non è sinonimo di eccentricità. La maggior parte dei dandies, soprattutto quelli novecenteschi (Rigaut, la Rochelle, Aragon, Cocteau) ha come scopo principale quello di non voler farsi notare, e, come giustamente dice lo stesso Brummel, "La vera eleganza deve far passare inosservati". O quasi; certamente Baudelaire, coi suoi guanti rosa e i boccoli biondi, non passava inosservato tra la folla parigina; tanto meno Wilde, che, in gioventù, preferiva un abbigliamento fatto di sete e velluti colorati che non erano certo di moda all'epoca (abbigliamento diventuto famoso come 'divisa da esteta'), per non parlare delle fiorenti orchidee di Whistler, grosse come farfalle notturne e complicate come letali piante carnivore. Ma allora, oltre all'assai astratto desiderio di provocare meraviglia, stupore, che tutti i dandies, chi più chi meno, soddisfavano, ma in modo diverso dagli eccentrici, che cos'è che ci permette di riconoscere con certezza un dandy da un volgare eccentrico? Senza considerare il 'carattere dandy', cioè il suo modo di pensare e di guardare il mondo, eguale per tutti i dandies esistiti ed esistenti, è certamente quel suo portamento regale, freddo, e quella sua apparente serietà, quell'aria comunque da 'ragazzo per bene', che lo cottraddistingue. Ho citato prima Baudelaire come involontario eccentrico, ma basti sapere quello che i suoi contemporanei dicevano di lui: l'assistente di Poulet-Malassis, suo editore, incontrandolo per la prima volta, non nota che i suoi modi "squisitamente classici", da ragazzo ben educato e di buona famiglia, del tutto in contrasto con la fama di perverso mostro che i giornali e i giudici avevano messo in giro dopo la travagliata uscita de "I fiori del Male".