VITA DA DANDY di Domenico Secondulfo Confesso che pensando al dandy ho sempre provato una forte ed istintiva antipatia, soprattutto per quella ricerca estetica e quella perfezione del dettaglio che non riuscivo a non recepire come un insulto, ancora più intollerabile nella sua distaccata e superiore eleganza. Ed è questo, a mio parere, proprio il tipo di reazione che il dandy vuole stimolare, fregiandosi della sua radicale alterità e superiorità rispetto al mondo; e se questo mondo non lo detesta, come può il dandy avere la riprova della sua possenza e della sua onnipotenza? Rispetto a tante altre forme di esibizione di superiorità sociale, quella messa in opera dal dandy è effettivamente molto particolare, non ha bisogno del dominio diretto o dello sfruttamento per avere la prova del proprio potere, ma si sviluppa attraverso una profonda ed inappellabile separazione che, attraverso strategie soprattutto estetiche, non diviene semplice emarginazione ma dorata superiorità. La precisione e la perfezione estetica, è infatti l'unica strategia che permette al dandy di non essere precipitato nella emarginazione ma di suscitare, al contrario, invidia ed antipatia, prove provate del suo sostanziale essere all'interno del corpo sociale, seppure in una posizione di distacco superiore. Si tratta di una strategia non certo originale, possiamo trovare qualcosa di simile nell'atteggiamento dell'intellettuale (e non a caso il dandy è sempre o ritiene di essere anche un intellettuale) e perfino dell'eremita, almeno quando il suo distacco non riesca ad accedere all’armonia dello spirito. Il dandy quindi è uno che lavora ai margini della società, ma che da grande narcisista non riesce a staccarsene sostanzialmente, ed ha anzi disperato bisogno del riconoscimento, positivo o negativo, dei suoi simili per nutrire il proprio ego. È per questo che la sua strategia non è mai rivoluzionaria ma, anzi, è profondissimamente conformista, altrimenti il suo distacco si trasformerebbe velocemente in emarginazione. Potremmo definire il dandy un iperconformista: tutti gli sforzi del dandy sono infatti orientati a chiamarsi fuori (sopra) però nella sicurezza di essere ben dentro, per questo non è un rivoluzionario, neppure a livello estetico. La sua strategia è di sub-codici e non di meta codici, ed è soltanto esasperando l'ovvio, il conformismo, che riesce a stabilire una frattura ed una differenza, nel senso della superiorità, rispetto ai suoi simili, evitando così l'emarginazione ma stimolando l'invidia. Il suo lavoro è sui dettagli e sull'intensificazione, in chiave di superiorità intellettuale e sociale, degli stilemi correnti, in questo modo egli riesce a creare un sub codice abbastanza complesso, ma riconosciuto, da assicurargli quella supremazia cui agogna. Ciò che lo caratterizza e lo differenzia dalle altre strategie di superiorità sociale è il fatto di affidarsi essenzialmente a canoni estetici, rifiutando la competizione economica o lavorativa. Naturalmente questo atteggiamento "blasé", nel fare il verso al mondo della nobiltà (di cui il dandy borghese sente un fascino insaziabile e disperato), comunica una delle componenti essenziali del messaggio di superiorità sociale del dandy, quello legato alla disponibilità di tempo. Tempo che il resto del mondo deve dedicare al lavoro al denaro o all'utile, e che lui dedica solo all'estetica (la propria). Per il dandy, infatti, il denaro non è importante anzi, nella sua volgarità (deve essere guadagnato in volgare promiscuità con gli altri) va evitato, al denaro preferisce certamente il credito, impalpabile e leggera qualità che può anche essere confusa per un omaggio alla sua superiorità. In questo il dandy è quasi post-moderno, nel fare della propria vita un'opera d’arte, con lui come protagonista ed il mondo come spettatore, e guai a non applaudire: la depressione è alle porte. Il più grande problema del dandy è sicuramente la contaminazione, con ciò che, secondo lui, sta più in basso ed è un basso soprattutto di tipo sociale ma significato dal canone estetico di eleganza e leggerezza. Per difendere la sua fragile auto immagine da queste contaminazione è disposto a qualsiasi sacrificio, armato non soltanto della maniaca perfezione estetica, ma anche di un nutrito repertorio di insulti con cui stigmatizzare chiunque osi avvicinarsi alla sua persona, ancora meglio se si tratta di insulti di difficile comprensione a marcare ulteriormente l'incolmabile distanza. In tutto questo e nella sua sostanziale fragilità sta l'impossibilità per il dandy di essere un rivoluzionario, anche soltanto nella moda, che può ignorare soltanto trascendendola nei suoi stessi codici e non certo negandola. Dal punto di vista politico, inoltre, il dandy è sicuramente un conservatore se non un reazionario, nel suo tentativo di ergersi a casta superiore, intangibile e distante per vocazione quasi religiosa. Originalità nella convenzione, ecco la cifra del dandy. Quando pensiamo ad un dandy non dobbiamo pensare soltanto a Oscar Wilde, ma anche a Gabriele D'Annunzio. Inoltre, nel suo staccarsi restando dentro al flusso della moda il dandy non può vitare un atteggiamento decadente, del resto presente sin dall'inizio di questo filone culturale, rifiuto della partecipazione ed anche senso di morte coniugano ed amplificano la distanza sociale e culturale in un atteggiamento decisamente snobistico e spesso falso, nella misura in cui si lega soltanto ad atteggiamenti estetizzanti e non a riflessioni intellettuali o spirituali. Infatti, usualmente si tende ad associare il dandy con la moda, il che non è del tutto corretto. Un dandy non può seguire la moda come un qualsiasi mortale, il dandy è la moda o meglio il suo canone perfetto ed irraggiungibile. La sua estetica eccentrica ed originale, ma saldamente all’interno delle convenzioni accettate, non può fare a meno della moda come sfondo su cui risaltare, ma non può assolutamente allontanarsene pena l’emarginazione, così come non può seguirla pena l’omologazione e la contaminazione. Non va quindi confuso il dandy con il modaiolo: ambedue sono sostanzialmente schiavi del meccanismo sociale della moda, ma mentre il primo la usa come sfondo su cui risaltare, il secondo la usa come acqua nella quale disciogliersi. Al secondo, narcisista massificato, manca completamente quell’eroico narcisismo del primo, quel senso del distacco ed anche della solitudine, esattamente il contrario a ciò che viene ricercato nella moda massificata.