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IL DANDY DELLA TASTIERA
di François-Xavier d'Arbonneau de la Bachellerie

Il confronto con la realtà è una delle prove quotidiane e difficili per ogni dandy. François-Xavier d'Arbonneau de la BachellerieQuando, rivestito dalle sue brillanti sembianze, il dandy sfila nel mondo o nella strada, egli non s’espone soltanto all’ammirazione del popolo meravigliato che lo circonda, ma si sottomente egualmente, per quanto terribile ed ingiusto sia, al suo giudizio. Anche se l’esteta non opera per la folla mondana o popolare, ignorante e vile, ma per dei cenacoli ristretti, il potere del numero resta intimidante. Al dandy è necessario quindi il giusto aplomb per affrontare lo sguardo eloquente o sfottente del suo prossimo. Un dandy da boulevard come Nestor Roqueplan esacerbava così a fondo questo tratto caratteristico fino ad arrivare ad insultare la folla borghese che sfilava sotto le finestre del caffè dal quale troneggiava.

Ora, il coraggio (per utilizzare una parola un po’ forte) od il gusto della rissa verbale che richiedono i potenziali affronti non sono certo virtù comuni. Più prosaicamente, i mezzi necessarii per un modus vivendi davvero elegante, sebbene tutti siano d’accordo sul fatto che non è più la maniera di portare un abito ma un abito in sé stesso che fa l’eleganza d’un uomo, non sono alla portata di tutti i portafoglii. L’esercizio della realtà si dimostra dunque sovente crudele, se non deludente anche per colui che ne è avvezzo. Non dimentichiamo che, per far valere un’illusione di ricchezza, in un breve istante della sua vita, Lucien de Rubempré causò il malore della sua famiglia e dei suoi amici. Pare dunque assai più semplice, in questioni d’eleganza come in altre, accontentarsi di dichiarazioni perentorie, anziché d’illustrarle coi fatti. Nasce dunque, grazie ai "blog" e ad altri forum di discussione, una figura tanto vana quanto lo sono i suoi mezzi d’espressione: il dandy della tastiera.

Il dandismo della tastiera sta al dandismo autentico come l’aristocrazia de papier sta alla nobiltà: una soperchia vergognosa ma tenace. Esaminando il tono e la tenuta di qualcuno di questi club autoproclamatisi tra i numerosi che si sono aperti sulla Rete, ci colpisce molto il constatare che il dandismo di Tizio o di Caio viene decretato sulla base di qualche fotografia scattata nella discrezione di un interno privato. Il dandismo di un individuo si giudica sulla base di foto puntualmente e particolarmente posate… Tra i numerosi attributi positivi del soggetto vi è poi, non meno ridicolmente, l’elencazione delle marche d’abbigliamento di cui questi fa sfoggio.

Quanta agitazione sterile in questi luoghi malfamati: non si trovano che dichiarazioni magniloquenti, scambi di formule ("Oh, Signor mio, quanto è bello", "E lei, quant’è elegante", e così via), perorazioni sui sarti migliori, i migliori calzolaii, le migliori riserve di sigari, gli attori più belli, i cantanti più eleganti, i più bei ricevimenti (ai quali, il più delle volte, non sono mai stati), e le migliori riviste maschili. Non una frase che suoni giusta ed autentica, molti evidenti fac-simili, in sostanza: ben poco di reale.

Il dandy della tastiera s’inebria da solo o in distante compagnia, dietro il suo schermo, nascosto dalla propria menzogna. Finisce per credere davvero ai completi di cui s’è virtualmente parato, ai bastoni da passeggio che ha virtualmente tenuto, agli anelli che ha virtualmente infilato, alle cravatte che ha virtualmente annodato, ai cappelli che ha virtualmente portato. Sentendosi alleggerito grazie al suo personaggio virtuale dalle obbligazioni dell’eleganza nella vita reale, il dandy della tastiera finisce per acquisire l’arroganza degli imbecilli. Non ha forse, quale prova della sua sincerità, questa fotografia in cui appare incravattato e pettinato, di cui fa mostra il suo avatar?

È a questo punto che il dandy della tastiera, dopo diversi mesi passati a bere aceto spacciandolo per vino, finisce per trovar bello ciò che è brutto, raffinato il volgare, elegante il cattivo gusto. Senza preamboli intellettualistici, come potrebbe vedere il dandismo sonnecchiante in David Bowie o David Beckam? Peggio ancora, esattamente come tutti coloro che son freschi di conversione, si dimostra il giudice più severo delle questioni che non conosce veramente e, per gelosia, delle persone che lo conoscono bene.

Tutti questi signori fortemente soddisfatti di loro stessi nel mondo virtuale, formano un esercito impressionante. Tuttavia, nelle vie delle grandi capitali e, più in generale, negli spazii pubblici, è raro incrociare un uomo veramente elegante. Dovo si trovano, allora, tutti questi dandies della tastiera? "La prova della strada" è da sempre una delle rare porte d’accesso al brevetto dell’eleganza, com’è vero ch’essa esiste. La strada, attraversata dalla massa, rivela immediatamente l’abitudine che ha un uomo di far voltare i passanti. Ne è impaurito oppure è indifferente? La sua camminata è naturale? Ecco insomma dei criterii onesti, e discriminanti!

Il vero uomo elegante è colui che fa faccia quotidianamente, senza un solo giorno di pausa, alla tirannia e alle gioie della propria tenuta. Tutto il resto non è che inganno, frode, smargiassata.

(Tratto dal sito francois.darbonneau.free.fr e tradotto dal francese da Massimiliano Mocchia di Coggiola).

Letteralmente: aristocrazia di carta. È quell’aristocrazia dubbia che si picca di dimostrare il proprio valore solo attraverso la burocrazia d’epoca, documenti sospetti, genealogia d’origine oscura.