SAKI IL BRITANNICO di Florece Noiville Hector Hugh Munro, Saki, trascina il lettore alle sorgenti dello humor britannico. Nato in Birmania nel 1870, giornalista,Saki corrispondente a Mosca e a Parigi, frequenta i salotti di Londra dove trova la materia per i suoi racconti brevi. Muore nel 1916, in Francia, vittima di una granata. Alcuni, come Goethe, muoiono reclamando più luce ("Mehr Licht!"). Meno enigmatica, l'ultima parola di Saki sarebbe stata: "Spegni questa sigaretta, nel nome di Dio!" Come se la vita non tenesse che un vecchio mozzicone rosseggiante alla fine di una fangosa trincea. Era il 13 novembre 1916. Egli stava per compiere 46 anni. Ecco la leggenda. Per il resto, i dizionari biografici sono poco locquaci nei riguardi di costui, tuttavia, incarna "la quintessenza dello humor inglese", cioè a dire qualcosa di tanto soave quanto crudele, perfettamente indefinibile. Dal suo vero nome, Hector Hugh Munro - egli aveva trovato il suo esotico pseudonimo nelle Rubaiyyat di Omar Khayyam - Saki nacque nel 1870, in Birmania. Suo padre, ispettore generale di polizia trasferito in India, lo affida a due zie, Charlotte e Augusta, che lo allevano nel Devon e gli serviranno da modello, se non da calcagnuolo, per la sua novella Sredni Vasthar. Questo testo ci dà, d'altronde, un'idea di quella che dovette essere l'infanzia del fragile Hector, bambino sofferente caporalizzato da una matrigna che non disdegna di "rimproverarlo per il suo bene" e che rappresenta, dice egli, "questi tre quinti del mondo che sono necessari, disgustosi e troppo reali: i due quinti, in perpetuo antagonismo con gli altri tre quinti, erano raffigurati da lui stesso e dalla sua immaginazione". Liberatosi da questa creatura sgradevole, e dalle medicine che non gli davano che cinque anni di vita, Saki si impegna, come suo padre, nella polizia coloniale, prima di buttarsi completamente nel giornalismo. Un tempo corrispondente del Morning Post nei Balcani, in Russia e a Parigi, egli frequenta subito i salotti londinesi che gli forniscono la materia sognata per le sue scenette e i suoi schizzi. Impossibile riassumere qui quello che nei fatti è il sale. Ripartita in quattro serie, Reginald (1904), Reginald in Russia (1910), Le cronache di Clovis (1912) e Bestie e soprabestie (1914), questi racconti passano al pettine le manie, ipocrisie, stravaganze… di una buona società edoardiana immobilizzata nelle pose e nelle convenienze. Ci si potrebbe d'altronde divertire a redigere un piccolo dizionario Saki di cui una entrata almeno figuri in ciascuna di queste tavole: La donna? Assomiglia a questa deliziosa Mrs Gaspilton che "si considerava come una personalità tanto distinta quanto interessante, e da un certo punto di vista, limitato certamente, aveva perfettamente ragione". La sua ambizione? "Essere il centro di un salotto politico-letterario dove degli spiriti avveduti (…) abbiano capito immediatamente la pertinenza del suo giudizio politico e l'ammirabile delicatezza tutta cinese dei suoi piedi carinamente inarcati." I vegetariani? Delle persone che hanno semplicemente "l'istinto del malessere altamente sviluppato". Il matrimonio? Una cosa da fare "senza pensare". Il corso della vita? "Tutte le persone benestanti, al di sopra dei loro mezzi (…) e coloro che lo sono meno, vivono al di sopra di quello degli altri." La campagna inglese? "Un luogo idilliaco dove della gente dal reddito ineccepibile e dall'istinto ospitale, pratica il tennis e coltiva rose, invita ogni fine settimana un piccolo gruppo scelto di amici." Gli editori? Dei tipi che "cercano dei libri che nessuno ha ancora scritto e se ne disinteressano una volta che li hanno avuti". La definizione di un buon verso? Colui che, "impregnato di una filosofia amabilmente satirica alla Orazio rivisitato da Pope", testimonia un'ironia che "non è amare" e una gioia di vivere che non è "eccessiva al punto di essere importuna"" Eccessivo? Niente lo è in Saki. Al contrario. Il motto non ha mai l'aria di niente, l'attacco meglio affilato è drappeggiato di una pulizia di buona lega, la sfortuna non è mai che allusiva, evidentemente. Quanto alla caduta. Ah, l'arte della caduta in Saki!… Ecco chi meriterebbe una memoria, una tesi forse, tanto è difficile situarla, tra piroette sfolgoranti, contropiedi imprevisti e colpi di pugnale nel dorso del lettore. Nel solco degli Jerome K. Jerome, Oscar Wilde, Evelyn Waugh o P.G. Woodhouse, Saki, attraverso il monumento dei suoi 134 racconti ci conduce alle sorgenti stesse dello humor britannico, del nonsense e della commedia. Poi ci lascia là, stupefatti, vagamente disorientati. Spaesati come se ci egli servisse il the in "un servizio in porcellana di Derby", nel bel mezzo della giungla birmana. (Le Monde 27-6-2003).