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CONTINUITA' VS NOSTALGIA
Perché le ricchezze di epoche passate devono accompagnarci verso il futuro
di Andrea Soardo

Nostalgia: la "lettera scarlatta" del nostro tempo. È l’arma preferita delle genti pettegole quando vogliono dipingere un’idea utilizzando uno strato di non-pertinenza. Coloro che son giudicati come trafficanti di tale sostanza illecita sono sospettati di condurre un’azione di retroguardia culturale: forse il peggiore tra i peccati moderni. Naturalmente, per qualcuno che ha scritto dei saggi come quello sul Retrosexual*, corro un certo rischio d’essere condannato per tali eresie. A mia difesa, dirò che ci sono importanti distinzioni da fare tra la Nostalgia e la sua cugina più sofisticata, la Continuità.
Forse una parte della ragione per cui certi soggetti sono visti come nostalgici è dovuta in parte all’ostilità o l’indifferenza del nostro tempo verso il passato. Per "passato" intendo qualcosa di più lontano dei quattro più recenti decenni, che sono riciclati con una frequenza crescente, come un barboncino che ha mangiato la stessa ostrica per la quinta volta. L’ethos sopravvissuto in quest’epoca non dà alcun valore all’idea della continuità, rigettando la maggior parte di ciò che è avvenuto prima in quanto obsoleto – la "teoria dello scottex" storico, se volete. In origine fu un vezzo bohemien, ma ha trovato ora un posto fisso nello spirito dell’uomo medio, e ne è divenuto lo status quo. La noncuranza ed il mal utilizzo del passato è oggi vista come la definizione stessa della modernità; a parte qualche occasionale dramma in costume o sagra popolare, oggi rifiutiamo ogni connessione con il passato come si trattasse di inutili piagnistei sentimentalisti, ovvero nostalgici. È vero che ci portiamo dietro il passato, ma è trattato attualmente come un somaro infestato dalle pulci e imbrigliato all’ultimo vagone sgangherato della carovana.

Generalmente, la distinzione tra nostalgia e continuità è la seguente: la Nostalgia tenta di riportare il presente verso il passato; la Continuità riporta il passato attraverso il presente. La Nostalgia è staccata dal mondo, stagna e non cambia mai, mentre invece la Continuità è impegnata nel mondo, ed è un flusso continuo, combinante ciò che fu a ciò che sarà. La Nostalgia è una appropriazione approssimata e volgare del passato, uno shtick**; la Continuità è una più sofisticata, profonda interiorizzazione del passato, una synthesis.

Un esempio personale: anche se certe mie mise hanno un sapore storico, la maggior parte del mio guardaroba personale è assai moderno (anche se mi dicono che porto i miei abiti "arcaicamente"). Anche i miei ricchi abiti di ispirazione passata sono destinati ad un’applicazione moderna, un po’ come certe anacronistiche divise sacerdotali che si vedono nei luoghi sacri***. I miei "paramenti" aggiungono una scherzosa teatralità alle mie conferenze pubbliche, soddisfacendo allo stesso tempo l’amore sconveniente che ho per il velluto.

Monsieur Baudelaire aveva ragione: non possiamo replicare le zeitgeist di un’epoca passata – il linguaggio vernacolare, i manierismi, gli stati d’animo, il ritmo quotidiano – dacché son morti assieme alle genti di quell’epoca. Tutto ciò che ci resta sono dei frammenti che hanno lasciato dietro di loro, e la nostra fantasia; dunque, pare assurdo inquietarsi a proposito dello "storicamente esatto", specialmente quando "sbagliando" si possono raggiungere rinfrescanti o eccitanti risultati. Il passato ha da essere usato come ispirazione o tradizione dalla quale si impara qualcosa, ma non deve essere seguito al punto di arrivare ad una predeterminazione soffocante, e nemmeno dovrebbe essere usato come una gruccia estetica. Scimmiottare passivamente le mode del passato è una forma di rappresentazione storica, piuttosto che di dandismo; un dandy è un creatore ispirato che si sforza di re-inventare, portando una certa freschezza nella vita quotidiana. Coltiva un’estetica caratteristica a lui solo, e anche se adatta lo charme del passato ai propri scopi, non prende certo il tè con la naftalina.

Ciò detto, dovremmo essere liberi di poter approfittare di tutte le benedizioni della civiltà, che datino a due giorni fa o a duemila anni fa. Si tratta della nostra eredità, del nostro diritto di primogenitura – dovremmo trarne divertimento! Se prendere in prestito dal passato può costruire un miglior futuro e renderci un po’ più graziosi, tanto meglio. Adottiamo continuamente altre culture per arricchircene spiritualmente, e allora perché rifiutare anche le altre epoche? Non siamo forse arrivati al punto in cui il fatto di rifiutare certe cose solamente perché out, è esso stesso out? Magari adottando ciò che è il meglio (o ciò che crediamo essere il meglio) di determinate epoche, potremo forse migliorare la nostra esistenza collettiva presente. Dopotutto: non è forse questa l’idea che sta dietro la civiltà stessa? Abbracciare le creature ibride che emergono dal punto d’incontro tra presente e passato, è in effetti abbracciare la Continuità!

* L’autore fa riferimento ad un altro capitolo del libro.
** Shtick: parola yiddish che significa "posa".
*** Si tenga conto che l’autore è statunitense: il contrasto tra gli abiti tradizionali dei preti e le chiese americane, dall’architettura ovviamente moderna, è spesso assai squillante.

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