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BRANI DA OPPIO
di Jean Cocteau

ESTRATTI Nell'oppio, ciò che porta l'organismo alla morte è di ordine euforico. Le torture provengono da un ritorno a ritroso alla vita. Una piena primavera impazza nelle vene, trasportando ghiacci e lave di fuoco

Disegni e appunti portano la data della clinica di Saint-Cloud (16 dicembre 1928-aprile 1929). Sono rivolti ai fumatori , ai malati, a quegli amici sconosciuti che i libri ci procurano e che sono la sola nostra scusa allo scrivere. Ho soppresso i disegni fatti col pretesto di distrarmi. Bene o male, qualunque fosse la mia improntitudine di fronte ai problemi all'ordine del giorno, risentivano di un lavoro di chiaroscuro. Faccio la relazione di una disintossicazione, di una ferita al rallentatore. I disegni che seguono dovrebbero essere grida di dolore al rallentatore, e le note, tappe del passaggio da uno stato considerato come anormale a uno considerato normale.
A questo punto il pubblico ministero si alza. Ma io non testimonio, non difendo. Non giudico. Nella pratica del processo all'oppio non faccio che accumulare pezze d'appoggio a carico e a discarico. [...] Mi sono dunque reintossicato una seconda volta perché i medici che disintossicano (bisognerebbe semplicemente dire che purgano) non cercano di guarire il trauma che sta all'origine di un'intossicazione, e perché ero ripiombato nello squilibrio nervoso e preferivo un equilibrio artificiale che a una mancanza di equilibrio. E' un trucco morale che può ingannare più che una cera sfatta: è umano, quasi femmineo, avervi fatto ricorso.
Mi intossicavo con prudenza e sotto controllo medico. Esistono medici accessibili alla pietà. Non superavo mai le dieci pipe. Le fumavo in ragione di tre al mattino (alle 9), quattro al pomeriggio (alle 5), tre alla sera (alle 11). Credevo così di diminuire la possibilità di intossicazione. Nutrivo d'oppio cellule nuove, rimesse al mondo da cinque mesi d'astinenza, le nutrivo di innumerevoli sconosciuti alcaloidi, mentre un morfinomane, con le sue pratiche spaventose, carica le vene di un solo conosciuto veleno e si abbandona meno al mistero.

IL DOLORE SQUISITO
Non c'è niente che possa meglio illustrare il dramma di una disintossicazione che quei film all'acceleratore che evidenziano le smorfie, i gesti, le contorsioni del regno vegetale. Un uguale progresso in campo uditivo ci permetterà senza dubbio di udire i gridi di una pianta.
[...]
L'oppio non sopporta adepti impazienti, grossolani. Se ne stacca lasciandoli alla morfina, all'eroina, al suicidio, alla morte.
[...]
Il fumatore fa corpo con gli oggetti che lo circondano. La sua sigaretta, un dito cadono dalla sua mano.
Pendii circondano il fumatore da ogni parte: impossibile mantenere in alto lo spirito. Sono le undici di sera. Si fuma da cinque minuti; si consulta l'orologio: sono le cinque del mattino.

Picasso mi diceva: L'odore dell'oppio è l'odore meno stupido del mondo. Potrebbe essere paragonato solo a quello di un circo o di un porto di mare. L'oppio evapora. Se non lo si chiuderà in una cassetta di metallo, e se ci si accontenterà di una scatola, il nero serpente farà presto a strisciare fuori. Fate attenzione! Rasenterà i muri, scenderà gli scalini, i piani, girerà, traverserà l'ingresso, il cortile, il portone, e poco dopo si arrotolerà al collo della guardia municipale.

Quando disegno, l'infermiera mi dice: Lei mi fa paura: ha una faccia da assassino>>.
Non vorrei mi sorprendesse mentre scrivo. Ho sempre disegnato. Scrivere, per me, è disegnare, legare le linee in modo che diventino scrittura, o slegare in modo che la scrittura diventi disegno. Non ne vengo fuori. Scrivo: cerco di delimitare esattamente il profilo di un'idea, di un gesto. Tutto sommato, accerchio fantasmi, trovo i contorni del vuoto, io disegno. Il pittore che ama dipingere alberi diventa albero lui stesso. I bambini portano in sé una droga naturale. La morte di Tommaso l'impostore è il bambino che gioca al cavallo, diventano cavallo. Tutti i bambini hanno il magico potere di cambiarsi in ciò che vogliono. I poeti, nei quali l'infanzia si prolunga, soffrono di perdere questo potere. Senza dubbio è questa una delle ragioni che spingono i poeti a prendere l'oppio.

L'oppio permette di dare forma all'informe: ma impedisce, ahimè! di comunicare questo privilegio ad altri. A rischio di perdere il sonno, voglio spiare il momento unico, in una disintossicazione, in cui tale facoltà funziona ancora un po' e inavvertitamente coincide col ritorno della possibilità di comunicare.