Un interessante di Carlo Cavicchi su Quattroruote 31 luglio 2020 parte da una vettura in particolare per decretare la fine di un epoca. La nostra.
Questa storia, lo premetto, trasuda dolore. C’è una vettura che è piaciuta a tutti, che clamorosamente ha rischiato di diventare la vettura dell’anno, titolo perso d’un soffio, che offre tanto e costa tutto sommato una cifra accessibile, che però fuori dalla Francia non si vende. La nuova Alpine Renault nasce in uno stabilimento con 400 dipendenti e una capacità produttiva di 150 veicoli al giorno, ma ne escono alla fine soltanto 7. E sul suo futuro le nubi si fanno sempre più nere.
Possibile? È così, ed è pure la riprova che le coupé eccitanti da guidare non hanno più mercato. Ci hanno provato in tanti, dai tedeschi ai giapponesi, ma il risultato è sempre lo stesso: i numeri sono sconfortanti. Vendono soltanto, nella proporzione legata a cifre di acquisto per pochissimi fortunati, le granturismo più blasonate, quelle magnifiche Ferrari o Lamborghini che incrociamo per strada sempre guidate come lumache perché quelli che se le possono permettere le ostentano ma non sanno condurle, mentre quelle più agili, più facili, più alla portata degli umani vengono sognate e mai comperate. Tutto l’opposto di un tempo quando il piacere di guidare era un motivo primario di ogni scelta, non certo la comodità, la versatilità, i consumi o l’infotainment.
Lo ammetto, l’arrivo dell’Alpine è stato accolto con un entusiasmo diffuso che mi ha fatto credere che forse era davvero la volta buona, che una coupé che aveva entusiasmato mezzo secolo fa poteva risvegliare le voglie dei vecchi innamorati di quella linea e di quelle prestazioni, e stuzzicare quelli più giovani con ancora la voglia di prestazioni e di brividi.
È evidente che non funziona più così. Noi vecchi, da giovani eravamo più scapestrati, per tanti di noi l’auto era puntualmente bolide e alcova, si firmavano cambiali con l’incoscienza dell’età. Oggi si ragiona molto di più e probabilmente è un bene. E piuttosto che indebitarsi per una vettura purosangue si preferisce farlo per una piccola tedesca premium dal listino civetta che si moltiplica all’istante a suon di optional.
Produrre appena 7 vetture al giorno diventa allora insostenibile perché i costi crescono a dismisura e in più la Berlinetta ha pochi pezzi in comune con la gamma Renault. Molti analisti sostengono che alla fine costi di più fabbricarla del suo prezzo di vendita. Forse a Dieppe, dove nasce, produrranno anche una SUV, oggi panacea di tutti i mali, forse ne faranno una versione tutta elettrica perché almeno la scelta ecologista giustificherà le perdite aumentando l’immagine. Non si sa bene, ma quello che temono i vecchi innamorati di un tipo di auto che non tira proprio più è che la sua produzione cessi sull’altare (giustificato, si badi bene) delle economie di scala. E che succeda molto prima di quanto si tema.