Manifesto della Critica del Vestire

Teoria e Storia dell'Abbigliamento classico

Giancarlo Maresca

da Napoli, domenica 27 agosto 2023 alle ore 12:38:16

SCOPO E METODO DELLA CRITICA DEL VESTIRE

Illustri Cavalieri,

classico significa eterno. Come antichi templi, anche i capi classici subiscono danni ed evoluzioni, conservando però quel tipo di immortalità riservato alle cose umane che elevano chi le comprende. Ciò che è eterno è sacro, ciò che è sacro è misterioso e nel mistero la storia si mescola alla leggenda, le persone al mito. Per addentrarsi con profitto in tali regioni dello spirito, il social media che esiste fin dal big bang per cui vi sono iscritti tutti e tutto, occorre capire che il tesoro che ha senso cercarvi è per l’appunto il senso. Nessuno potrà mai dimostrare il momento e la persona da cui hanno avuto origine il blazer o i jeans, ma una sapiente ricerca può ricostruirne la genesi e lo scopo originario di qualsiasi capo Classico, coglierne il valore universale e analizzarne i tratti distintivi, le caratteristiche che consentono di attribuire a un esemplare il nome che presume di meritare, un altro, o nessuno. Già ai tempi del primo Castello il Cavalleresco Ordine dei Guardiani delle Nove Porte creò la Critica del Vestire, allo scopo di raccogliere dati, fonti e considerazioni utili a dare all’Abbigliamento il posto che gli spetta tra le Arti. Vestire Classico è cantare intorno al fuoco le gesta di eroi, la celebrazione di un rito, una festa spontanea non prescritta dai calendari. La Critica del Vestire è l’avventura con la quale si risale un fiume di memoria sino alle sorgenti, ovunque esse siano. Analisi dei fatti e speculazione concettuale vi concorrono in uno sforzo che ha un fine, non una fine, perché il passato cambia costantemente. Il Metodo Cavalleresco considera dunque la ricerca un’opera infinita, perché lo studioso del Classico deve essere consapevole che il suo ruolo non consiste nel raggiungere, bensì nell’aggiungere qualcosa. Un nuovo punto di vista, una nuova faccia a un poligono il cui numero di lati non è dato conoscere perché tante volte infinito quante volte si ricomincia a esaminarlo. Solo chi è accecato dalla presunzione giunge a una verità assoluta e definitiva, che in questo campo è la più infida delle bugie. Qualche studioso di Omero darebbe la mano destra in cambio delle prove su luoghi e date di nascita e morte di Ulisse, ma se pure ne trovasse i certificati in originale, sarebbe giunto al capolinea? La verità può essere un oro più velenoso del mercurio. Usata con modi men che nobili può far apparire falsa la storia che appariva così preziosa così com’era, prima che uno straccione trovasse quella pepita e si dichiarasse ricco facendo tutti più poveri. Dopotutto ci muoviamo nel campo dell’arte, non della scienza. Il teorema di Pitagora è sempre lo stesso, I Miserabili si arricchiscono un po’ ogni volta che vengono tradotti, adattati, rappresentati, cantati o semplicemente letti. Ovviamente cambia quello che sta tra le righe, non il testo, proprio come una foggia muta leggermente per ogni sarto, cliente, città, secolo o film che la riproponga. Ciò che resta sono i significati sottili che ci fanno sentire bene attraverso un capo in cui altri occhi potranno leggere tutto ciò che intendevamo raccontare e usare la nostra immaginazione per arricchire e stimolare la propria. Insomma un capo Classico è come un libro, di tutti e di nessuno. Possiamo possederne una copia, magari cinque in diverse edizioni, ma il contenuto immateriale che lo rende grande è universale. Abbiamo subito parlato di ricerca, ma di cosa? Su questo il Metodo è chiaro, pur se sempre suscettibile di ulteriori miglioramenti. La Critica Cavalleresca investiga liberamente dove, quando, da chi e perché un capo sia nato. Una volta in possesso dei quattro elementi responsabili del suo spirito, si può distinguerne la quinta essenza: l’anima. Si tratta del come, ovvero dei caratteri indispensabili all’oggetto per meritare un nome classificato e quindi lo status di classico. Infine, perché la ricerca possa essere condivisa con profitto, occorre evitare per quanto possibile l’ambiguità. Pertanto in un lavoro critico vanno fornite date certe ed è bene dare una definizione dell’oggetto di studio e di ogni vocabolo essenziale che possa essere inteso in più modi. 

Il Gran Maestro

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