La leggenda Tuczek

Calzoleria - Artigiani italiani e stranieri - Scarpe

Arcangelo Nocera

da Genova, lunedì 1 giugno 2020 alle ore 12:04:13

Tra i grandi boot e shoemakers londinesi quali Peal & Co , Ditta fondata nel 1791 a cui fin dagli anni giovanili rimase  sempre fedele  il  Duca di Windsor (vedi all'antico Castello sul Taccuino dell'abbigliamento  gli Appunti n° 5947 e 5948 ), la Nikolaus Tuczek Ltd  attiva in Oxford Street dal 1853, e la John Lobb presente a Londra dal 1886 con l'apertura del primo negozio in  Regent  Street, quello di cui su queste pagine, cosi' come in precedenza al Castello, non si è ancora parlato è Tuczek. Quest'ultimo è considerato dagli esperti del settore, dagli storici dell'abbigliamento maschile e dai collezionisti  una vera e propria leggenda sia  per la qualità insuperata delle calzature, dovuta alla costruzione accuratissima  ed ai pregiati  pellami, sia per la  raffinata componente estetica data dalla linea e dal  disegno. La Tuczek venne fondata da Nikolaus Tuczek, figlio di una famiglia di immigrati austroungheresi, che apri' nel 1853 il suo primo negozio in Londra al n° 24 di Arthur Street. Essa rimase attiva fino al 1969, anno in cui venne assorbita  dalla Jhon Lobb che eredito' insieme alle attrezzature, ai materiali ed alle calzature  ancora in produzione anche parte della vastissima clientela, rappresentata  da esponenti  dell'aristocrazia cosi' come  del mondo politico ed economico sia britannico che internazionale. Le sue scarpe, soprattutto quelle risalenti agli anni'30- '40 talvolta ancora ammirabili  ai piedi di qualche gentiluomo che le ha ricevute in eredità dal padre o da altri  parenti clienti della Tuczek, sono considerate dei veri e propri capolavori, studiati da altri shoemakers ed oggetto di culto da parte di  appassionati e collezionisti. Tra le caratteristiche piu' rappresentative di tali calzature si annoverano una linea estremamente snella e  pulita  con una punta che per armonia delle proporzioni viene da  molti definita come “scolpita”, la presenza sulla parte anteriore(cap -toe) di medaglioni finemente cesellati e l'esistenza nella  produzione  di originali  modelli con inserti laterali elastici (elastic side gussets), associati o meno ad una falsa allacciatura. Quest' ultimo tipo di calzature, caratterizzato  dalla facilità di essere facilmente calzato e rimosso, è anche presente nella  produzione della John Lobb che lo ha adottato in onore della Tuczek. George Cleverley (1898- 1991), considerato uno dei migliori shoemaker della seconda metà del XX secolo, inizio' la sua carriera nel 1920 proprio alla Tuczek dove rimase per 38 anni prima di mettersi in proprio aprendo nel 1958 il suo negozio in Cork Street nel quartiere di Mayfair. Cleverley riporto'  nella sua produzione tecniche e disegni  appresi presso la Tuczek, tra cui  i caratteristici modelli con inserti elastici ed i medaglioni finemente cesellati  a decorazione delle parte anteriore delle  scarpe. Nella prima foto e' riportato un paio di tassel mocassins in pelle di coccodrillo verosimilmente degli anni '60 , appartenuto  ad Alexis von Rosenberg-Redé, terzo Barone de Redé. Il Barone de Redé (1922-2004), figlio di Oskar Adolf Rosenberg-Redé  famoso banchiere austro-ungherese nominato nel 1916 barone dall'Imperatore Carlo I  d'Austria, puo' essere considerato come uno degli ultimi grandi esteti europei ed uno degli uomini piu' eleganti del XX secolo. Trasferitosi negli USA all'età di 18 anni a causa della persecuzione nazista rientro' nel 1946  in Europa insieme al pittore Salvador Dali', con cui ebbe un lunghissimo sodalizio,  stabilendosi a  Parigi. Qui  abito' negli appartamenti al piano terra  del seicentesco Hotel Lambert nell' isola Saint-Louis, iniziandone il restauro che venne completato successivamente dal Barone Guy de Rothschild e dalla moglie Marie-Hélène a seguito del loro acquisto nel 1975 dell'intero edificio. Omosessuale raffinatissimo, grazie al fatto di essere diventato l'amante del ricchissimo industriale  cileno Arturo Lopez-Wilshaw  da cui ebbe un notevolissimo appannaggio in vita  e metà  dell' eredità alla sua morte , rappresento'  a partire dall'  immediato dopoguerra  uno dei punti di riferimento  della vita mondana, artistica e culturale di Parigi  (nota la sua amicizia con Jean Cocteau), acquistando vasta  fama  per le sue lussuosissime feste in maschera, tra cui il leggendario Bal Oriental tenutosi  all’Hotel Lambert il 5 dicembre del 1969. L'Hotel  Lambert venne per l'occasione  addobbato  sul tema della Mille e una Notte, e nelle sue stanze aleggiavano profumi di mirra e gelsomino. Due enormi elefanti di cartapesta adornavano il cortile, mentre due musici indù e sedici uomini, abbigliati come schiavi nubiani reggenti torce, vennero posti sullo scalone d'entrata; lo stesso de Redé indossava un costume da  principe Moghul realizzato da Pierre Cardin. Grazie ai rapporti intessuti in tali  feste, che videro la  partecipazione  non solo di  esponenti dell'aristocrazia europea tra i quali i Duchi di Windsor ma anche di  importanti rappresentanti  del mondo della finanza , della cultura, della moda ( Pierre Cardin e Yves Saint Laurent furono lanciati proprio da de Redé ), del cinema e di quello che oggi definiamo come  jet set internazionale, de Redé pote' ampliare con fruttuosi investimenti il suo gia' notevole patrimonio. Le due immagini successive (seconda e terza foto) ci danno una testimonianza dell'eleganza di Alexis de Redé:  la prima , risalente al 1968, lo ritrae a Parigi in un magnifico morning suit grigio e  top hat insieme in a Maria Callas, Liz taylor e Richard Burton; nella seconda lo vediamo nei suoi appartamenti all'Hotel Lambert con indosso un abito scuro con giacca doppio petto alla "Duke of Kent". Dopo la scomparsa della Tuczek , il barone de Redè divenne cliente della George Cleverley, nella cui collezione esiste un modello di tassel loafers denominato proprio De Redé (quarta foto) a testimonianza della predilezione del Barone per tale tipo di calzature.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nelle foto successive vengono riportati alcuni modelli prodotti dalla Tuczek, di cui la maggior parte di proprietà di un collezionista inglese che li ha ereditati da un suo zio. I modelli risalgono ad un vasto periodo compreso tra il 1938 ed il 1969 come rilevabile, quando ancora ben evidenti, dalle etichette marchiate all'interno delle scarpe riportanti l'indirizzo della sede che fu dal 1938 al 1966 al n°17 di Clifford Street (quinta foto) e dal 1966 al 1969 al n° 21 di Jermyn Street (sesta foto). Quest'ultima etichettatura appartiene ad  un paio di wholecut oxfords in suede blu (settima foto) che pertanto puo' essere datato tra il 1966 ed il 1969. Nelle foto dalla ottava alla diciassettesima sono ritratte rispettivamente delle:

single strap monks in suede color cioccolato,

side gusset slips on nere di lucertola,

side gussets slips on marroni di coccodrillo,

side gusset full brogues con falsi lacci nere di lucertola,

half brogue oxfords in vitello marrone,

full brogue oxfords in vitello nero ,

full brogue oxfords in vitello nero,

full brogue derbys a due buchi in vitello marrone,

half brogue spectators bianche e marroni,

full brogue spectators bianche e marroni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

Siti fonte delle foto delle calzature Tuczek:  keikari , En grande pompe. 

 

 

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Lorenzo Villa


Pregiato Cavalier Nocera,

è veramente un gesso significativo quello dedicato al maestro Nikolaus Tuczek. Un nome culto, conosciuto e custodito dai “veri” appassionati di calzature maschili. Ineluttabile tra le vetuste mura di questa illuminata Cittadella. Ben fatto !

Qualche sera fa mi trovavo a cena con l’Avv. Giovanni Pollicelli, senza paura di smentita uno degli uomini più preparati nella cultura della scarpa su misura (senza tralasciare il resto del guardaroba…un vero titano). Tra le diverse chiacchiere dedicate all’universo maschile talune sono state spese per parlare di Tuczek. Il Pollicelli ha da sempre un grande amore per la maison G.J.Cleverley, che deve buona parte della sua perizia proprio al lunghissimo apprendistato che il fondatore ha compiuto perso la bottega di Tuczek. Egli calza di sovente la loro oxford dotata di elastici laterali, foggia che come è stato ben evidenziato ha in Tuczek il suo primo alfiere. Possiamo altresì affermare che Tuczek sia stato l’antesignano di quello stile slanciato, ardito, rastremato e curvilineo che ha decretato il successo di Cleverly e Gaziano&Girling. I suoi famici strettissimi e a schiena d’asino, le punte leggermente squadrate e a becco, le lisse magnificamente arrotondate, le forme asciutte e aderentissime, il broguering ad ariete, le pelli e le linee tesissime, i raccordi tra tacco e contrafforte perfetti e sublimi sono stilemi che oggi tenta di replicare il cosiddetto stile “fusion”, tanto di moda presso alcuni nuovi maestri del bespoke alle nostre latitudini ed in Giappone. Tuczek di Londra : tra le scarpe più belle che si siano mai viste. Un riferimento assoluto.



Il broguering ad ariete






La tipica punta



Cavallerescamente

Lorenzo Villa


 


da Parma, martedì 6 dicembre 2016 alle ore 14:41:22
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Giampaolo Marseglia

Nikolaus Tuczek, l’icône

C’est un cas à part, unique au monde. Interrogés quant à une éventuelle référence absolue en matière de botterie, les connaisseurs et collectionneurs du monde entier vous répondront avec un bel ensemble : Nikolaus Tuczek. Un exemple d’autant plus étonnant pour le néophyte qu’il ne trouvera nulle part de modèles de ce nom, ni même – et c’est exceptionnel à notre époque – beaucoup d’informations sur le Net. Qui était donc Nikolaus Tuczek, et en quoi a-t-il à ce point marqué notre spécialité ?





Nikolaus TuczekL’art bottier ne manque certes pas d’ambassadeurs de haute volée, respectables et respectés, qui ont marqué le métier et entretiennent la flamme aujourd’hui encore. Rien qu’en France on citera Berluti, Edward Green, John Lobb, Pierre Corthay ; à Londres Cleverley, Gaziano Girling, New & Lingwood, Poulsen & Skone ; à Tokyo Masaru Okuyama… Du lourd. Pourtant, et même si personne ne peut aujourd’hui nous dire à quoi ressemblaient l’homme ou même seulement sa boutique, aucun n’égale Tuczek en prestige et en nostalgie. Qu’avait-il donc de si particulier, ce bottier d’origine tchèque, pour que son nom passe ainsi à la postérité ? Réponse : un style. Une âme. De ceux et celles qui ont fait les grandes griffes du prestige international. Comme elles son histoire s’édifie sur un solide savoir-faire artisanal, prend appui sur une culture de la perfection et du détail qui définiront bientôt le luxe, et trouve un élan supplémentaire avec la création de la plus difficile à réussir de toutes les formes à monter : celle à bout serres d’aigle. Agrémentée, parce que telle était la norme à l’époque, d’une cambrure très pincée. Tout aussi remarquable : il servira également de mentor à un autre grand nom de la spécialité, comme Christian Dior l’a fait pour Yves Saint Laurent, puisque c’est lui qui formera George Cleverley, appelé à devenir l’un des bottiers les plus recherchés du Royaume Uni et le bottier attitré de Churchill, Bogart, Noureev…













Nikolaus TuczekLes archives de Westminster, où sont conservés les registres de commerce britanniques, indiquent que la famille Tuczek s’établit sur Oxford street en 1853, avant de s’installer à St. Giles deux ans plus tard, puis à New Bond street en 1862, et Old Bond street en 1887. Originaire de la région de Rokycany, en Bohême, la famille a immigré à Londres vers le milieu du XIXème siècle. La profession de bottier n’existe pas encore dans l’Angleterre préindustrielle, aussi les premiers enregistrements (dossiers n° ACC 1555 et 1568) font-ils état du métier de cordonnier – fabricant de chaussures. On ne connaît pas les noms des hommes de la famille qui perpétuèrent la tradition familiale et tinrent les différentes boutiques durant toute la fin du XIXème siècle, puisque celui qui porta le nom de Tuczek à la postérité fut le dernier de la lignée : Nikolaus.









On ne connaît pas sa date de naissance et on ne dispose d’aucun portrait ou photographie de lui. Mais la sûreté de son style et la perfection de ses réalisations, en bref l’exceptionnelle maîtrise qu’il avait de son art, ont valu à la boutique du 15B Clifford street, où il officia de 1904 à 1937, la notoriété et une belle clientèle.




Dès les Années Folles les formes fines et élégantes qui caractérisent le style Tuczek ravissent le tout-Londres. La maison devient notamment célèbre pour ses lazy shoes à élastiques (qui deviennent l’une de ses signatures), ses formes à monter fouillées jusqu’à en devenir spectaculaires (qui soulignent le talent de formier du bottier), ses détails peaufinés jusqu’à l’extrême (qui font rêver aujourd’hui) et une qualité de fabrication qui tutoie la perfection.




Un apprenti nommé George Cleverley



Nikolaus TuczekNikolaus Tuczek engage le jeune George Cleverley (celui-ci a alors 22 ans) en 1920. Né dans une famille de fabricants de chaussures de l’Essex, Cleverley a été appelé sous les drapeaux à l’âge de quinze ans et connu la Grande Guerre. Démobilisé, il cherche du travail lorsqu’il croise le chemin de Tuczek, qui décide de lui donner sa chance. Durant des années le bottier tchèque va former le jeune Anglais, au métier de cordonnier d’abord et de bottier ensuite. La réputation de meilleur cordonnier du début du XXème siècle qui auréolera bientôt celui-ci, puis celle de bottier d’exception qui viendra plus tard, permettent d’apprécier les qualités du maître. L’élève révèle de telles prédispositions et un tel enthousiasme au travail, que son employeur lui confie rapidement plus de responsabilités, et avant la fin de la décennie Cleverley dirige la boutique.
















Pendant ce temps Tuczek consacre son temps au produit, chausse les élégants britanniques et continentaux, affine encore et toujours ses lignes, perfectionne un montage Goodyear main qui en arrive à être plus fin qu’un Blake actuel, invente des cambrures plus creuses que jamais et imagine le bout le plus spectaculaire qui soit, baptisé chisel toe – littéralement « bout en burin », en français « serres d’aigle ».

Le bout serres d’aigle

Il s’agit d’une figure de style dont l’harmonie s’avèrera par la suite particulièrement délicate à trouver, car résultant de l’équilibre entre la largeur d’un bout carré étroitisé, le marquage de ses flancs et leur ligne de plongée. Avec un dessin et un volume réussis on observe une chaussure d’une élégance folle, mais une infime imperfection de l’un des deux compromet le résultat final.




Nikolaus TuczekL’examen du richelieu présenté ici se passe de tout commentaire : la justesse et l’élégance du bout s’impose indiscutablement, l’équilibre est parfait, malgré un bout étroitisé toujours délicat à gérer (une chaussure trop pointue trahissant une position sociale inférieure) la chaussure affiche une silhouette dynamique, racée même. Il s’agit d’un modèle créé par Nikolaus Tuczek en 1936 pour son client parisien Arturo Lopez.











Sa forme à monter est une réussite absolue, sorte de graal pour tous les collectionneurs, tant par les lignes et volume de son bout que pour sa cambrure, extrêmement fouillée tant en largeur qu’en hauteur. Un exercice de style il est vrai rendu possible par la taille des pieds du client : un 36 en largeur B !




Très peu de bottiers se risquent aujourd’hui au bout serres d’aigle – il est vra que peu de clients se risquent à le commander – tant celui-ci est difficile à réaliser. Le plus réputé est le Sergio mis au point par Pierre Corthay dans les années 2000. Modèle vedette de l’activité mesure du bottier, il a donné lieu à la première forme à monter prête à porter de la maison, l’Arca, certes intéressante dans sa catégorie mais dont la finesse et l’élégance n’ont rien à voir avec celles du Sergio.





J’ai également passé commande, il y a quelques années, d’un richelieu Balmoral à bout serres d’aigle au département grande mesure de John Lobb. Bien que ce fut Philippe Attienza, Compagnon du Devoir qui dirigea le service pendant une vingtaine d’années, qui dessina et réalisa la forme à monter, il fallut s’y reprendre à deux fois après qu’une première paire m’eut été livrée, pour approcher le dessin (semble-t-il inimitable) de Tuczek, dont j’avais pourtant fourni un exemplaire à titre de modèle : le bout obtenu par les meilleurs artisans de la maison la plus prestigieuse de la spécialité ne parvenait pas à présenter un dessin aussi acéré que l’original. Nous sommes au bout du compte parvenus à un bout satisfaisant et très élégant, mais pas aussi fin que le Tuczek que nous souhaitions reproduire.






La première de propreté de notre modèle de référence porte l’estampille 15B Clifford Street qui indique que la paire a été fabriquée avant 1937, date à laquelle Tuczek s’est étendu à la boutique voisine, au 17, vraisemblablement en 1936 selon les archives.

Cleverley prend son envol

Devenue presque filiale, la collaboration entre Tuczek et Cleverley va durer 38 ans, jusqu’à ce que l’élève quitte le maître pour créer sa propre maison, en 1958, et ouvre boutique dans le très chic quartier de Mayfair.



En quelques années, Cleverley va devenir un bottier de référence, et continuera de chausser les personnalités les plus en vue de l’époque : aux Arturo Lopez, baron de Rédé, sir Winston Churchill et Humphrey Bogart qui étaient ses clients chez Tuczek succèderont dans la boutique de Cork street Clark Gable, Gary Cooper, Terence Stamp…




Aucun témoignage ne vient indiquer si la nature des relations entre les deux hommes fut modifiée par cette émancipation somme toute naturelle.



Désormais assez âgé, Nikolaus Tuczek poursuivit son activité de « sculpteur de chaussures » avant de disparaître en 1966. Ici encore, aucune précision quant aux circonstances de sa mort n’est parvenue jusqu’à nous. En 1968, John Hunter Lobb a pris le contrôle de la société Tuczek. George Cleverley a pour sa part développé son affaire et s’est entouré de son frère Anthony, auquel il a transmis les secrets du bout serres d’aigle, que la maison a su honorer dans le courant des années suivantes en fabriquant des modèles qui font aujourd’hui la joie des collectionneurs.

La seconde vie des chaussures Tuczek

En patronage richelieu ou lazy shoe, les chaussures Tuczek sont aujourd’hui des objets de collection rares qui font la joie des collectionneurs. On en découvre épisodiquement en ventes aux enchères ou sur e-Bay, dans des états très variables (mais jamais parfaitement restaurés) et n’ayant pas d’historique comme le modèle présenté ici. Leur côte oscille généralement entre 1000 et 3500 euros, valeur qui peut s’envoler dans le cas d’un modèle parfaitement conservé ou restauré. On se souviendra ainsi que John Hlustik, propriétaire d’Edward Green, offrit dans les années 80 3500 dollars à l’un de ses clients pour la paire de Tuczek datant du début des années 40 qu’il portait aux pieds. « Il a refusé et je ne peux pas dire que je lui en veuille » précisait le visionnaire sauveur d’Edward Green. La somme représentait pourtant à l’époque environ 8000 euros actuels…






George Cleverley s’est éteint en 1991 à l’âge de 93 ans. Il a fabriqué des chaussures jusqu’à la fin. Exactement comme son maître Nikolaus Tuczek.



da Napèoli, lunedì 25 maggio 2020 alle ore 16:49:04

Giampaolo Marseglia

Nikolaus Tuczek, l’icône

C’est un cas à part, unique au monde. Interrogés quant à une éventuelle référence absolue en matière de botterie, les connaisseurs et collectionneurs du monde entier vous répondront avec un bel ensemble : Nikolaus Tuczek. Un exemple d’autant plus étonnant pour le néophyte qu’il ne trouvera nulle part de modèles de ce nom, ni même – et c’est exceptionnel à notre époque – beaucoup d’informations sur le Net. Qui était donc Nikolaus Tuczek, et en quoi a-t-il à ce point marqué notre spécialité ?





Nikolaus TuczekL’art bottier ne manque certes pas d’ambassadeurs de haute volée, respectables et respectés, qui ont marqué le métier et entretiennent la flamme aujourd’hui encore. Rien qu’en France on citera Berluti, Edward Green, John Lobb, Pierre Corthay ; à Londres Cleverley, Gaziano Girling, New & Lingwood, Poulsen & Skone ; à Tokyo Masaru Okuyama… Du lourd. Pourtant, et même si personne ne peut aujourd’hui nous dire à quoi ressemblaient l’homme ou même seulement sa boutique, aucun n’égale Tuczek en prestige et en nostalgie. Qu’avait-il donc de si particulier, ce bottier d’origine tchèque, pour que son nom passe ainsi à la postérité ? Réponse : un style. Une âme. De ceux et celles qui ont fait les grandes griffes du prestige international. Comme elles son histoire s’édifie sur un solide savoir-faire artisanal, prend appui sur une culture de la perfection et du détail qui définiront bientôt le luxe, et trouve un élan supplémentaire avec la création de la plus difficile à réussir de toutes les formes à monter : celle à bout serres d’aigle. Agrémentée, parce que telle était la norme à l’époque, d’une cambrure très pincée. Tout aussi remarquable : il servira également de mentor à un autre grand nom de la spécialité, comme Christian Dior l’a fait pour Yves Saint Laurent, puisque c’est lui qui formera George Cleverley, appelé à devenir l’un des bottiers les plus recherchés du Royaume Uni et le bottier attitré de Churchill, Bogart, Noureev…













Nikolaus TuczekLes archives de Westminster, où sont conservés les registres de commerce britanniques, indiquent que la famille Tuczek s’établit sur Oxford street en 1853, avant de s’installer à St. Giles deux ans plus tard, puis à New Bond street en 1862, et Old Bond street en 1887. Originaire de la région de Rokycany, en Bohême, la famille a immigré à Londres vers le milieu du XIXème siècle. La profession de bottier n’existe pas encore dans l’Angleterre préindustrielle, aussi les premiers enregistrements (dossiers n° ACC 1555 et 1568) font-ils état du métier de cordonnier – fabricant de chaussures. On ne connaît pas les noms des hommes de la famille qui perpétuèrent la tradition familiale et tinrent les différentes boutiques durant toute la fin du XIXème siècle, puisque celui qui porta le nom de Tuczek à la postérité fut le dernier de la lignée : Nikolaus.









On ne connaît pas sa date de naissance et on ne dispose d’aucun portrait ou photographie de lui. Mais la sûreté de son style et la perfection de ses réalisations, en bref l’exceptionnelle maîtrise qu’il avait de son art, ont valu à la boutique du 15B Clifford street, où il officia de 1904 à 1937, la notoriété et une belle clientèle.




Dès les Années Folles les formes fines et élégantes qui caractérisent le style Tuczek ravissent le tout-Londres. La maison devient notamment célèbre pour ses lazy shoes à élastiques (qui deviennent l’une de ses signatures), ses formes à monter fouillées jusqu’à en devenir spectaculaires (qui soulignent le talent de formier du bottier), ses détails peaufinés jusqu’à l’extrême (qui font rêver aujourd’hui) et une qualité de fabrication qui tutoie la perfection.




Un apprenti nommé George Cleverley



Nikolaus TuczekNikolaus Tuczek engage le jeune George Cleverley (celui-ci a alors 22 ans) en 1920. Né dans une famille de fabricants de chaussures de l’Essex, Cleverley a été appelé sous les drapeaux à l’âge de quinze ans et connu la Grande Guerre. Démobilisé, il cherche du travail lorsqu’il croise le chemin de Tuczek, qui décide de lui donner sa chance. Durant des années le bottier tchèque va former le jeune Anglais, au métier de cordonnier d’abord et de bottier ensuite. La réputation de meilleur cordonnier du début du XXème siècle qui auréolera bientôt celui-ci, puis celle de bottier d’exception qui viendra plus tard, permettent d’apprécier les qualités du maître. L’élève révèle de telles prédispositions et un tel enthousiasme au travail, que son employeur lui confie rapidement plus de responsabilités, et avant la fin de la décennie Cleverley dirige la boutique.
















Pendant ce temps Tuczek consacre son temps au produit, chausse les élégants britanniques et continentaux, affine encore et toujours ses lignes, perfectionne un montage Goodyear main qui en arrive à être plus fin qu’un Blake actuel, invente des cambrures plus creuses que jamais et imagine le bout le plus spectaculaire qui soit, baptisé chisel toe – littéralement « bout en burin », en français « serres d’aigle ».

Le bout serres d’aigle

Il s’agit d’une figure de style dont l’harmonie s’avèrera par la suite particulièrement délicate à trouver, car résultant de l’équilibre entre la largeur d’un bout carré étroitisé, le marquage de ses flancs et leur ligne de plongée. Avec un dessin et un volume réussis on observe une chaussure d’une élégance folle, mais une infime imperfection de l’un des deux compromet le résultat final.




Nikolaus TuczekL’examen du richelieu présenté ici se passe de tout commentaire : la justesse et l’élégance du bout s’impose indiscutablement, l’équilibre est parfait, malgré un bout étroitisé toujours délicat à gérer (une chaussure trop pointue trahissant une position sociale inférieure) la chaussure affiche une silhouette dynamique, racée même. Il s’agit d’un modèle créé par Nikolaus Tuczek en 1936 pour son client parisien Arturo Lopez.











Sa forme à monter est une réussite absolue, sorte de graal pour tous les collectionneurs, tant par les lignes et volume de son bout que pour sa cambrure, extrêmement fouillée tant en largeur qu’en hauteur. Un exercice de style il est vrai rendu possible par la taille des pieds du client : un 36 en largeur B !




Très peu de bottiers se risquent aujourd’hui au bout serres d’aigle – il est vra que peu de clients se risquent à le commander – tant celui-ci est difficile à réaliser. Le plus réputé est le Sergio mis au point par Pierre Corthay dans les années 2000. Modèle vedette de l’activité mesure du bottier, il a donné lieu à la première forme à monter prête à porter de la maison, l’Arca, certes intéressante dans sa catégorie mais dont la finesse et l’élégance n’ont rien à voir avec celles du Sergio.





J’ai également passé commande, il y a quelques années, d’un richelieu Balmoral à bout serres d’aigle au département grande mesure de John Lobb. Bien que ce fut Philippe Attienza, Compagnon du Devoir qui dirigea le service pendant une vingtaine d’années, qui dessina et réalisa la forme à monter, il fallut s’y reprendre à deux fois après qu’une première paire m’eut été livrée, pour approcher le dessin (semble-t-il inimitable) de Tuczek, dont j’avais pourtant fourni un exemplaire à titre de modèle : le bout obtenu par les meilleurs artisans de la maison la plus prestigieuse de la spécialité ne parvenait pas à présenter un dessin aussi acéré que l’original. Nous sommes au bout du compte parvenus à un bout satisfaisant et très élégant, mais pas aussi fin que le Tuczek que nous souhaitions reproduire.






La première de propreté de notre modèle de référence porte l’estampille 15B Clifford Street qui indique que la paire a été fabriquée avant 1937, date à laquelle Tuczek s’est étendu à la boutique voisine, au 17, vraisemblablement en 1936 selon les archives.

Cleverley prend son envol

Devenue presque filiale, la collaboration entre Tuczek et Cleverley va durer 38 ans, jusqu’à ce que l’élève quitte le maître pour créer sa propre maison, en 1958, et ouvre boutique dans le très chic quartier de Mayfair.



En quelques années, Cleverley va devenir un bottier de référence, et continuera de chausser les personnalités les plus en vue de l’époque : aux Arturo Lopez, baron de Rédé, sir Winston Churchill et Humphrey Bogart qui étaient ses clients chez Tuczek succèderont dans la boutique de Cork street Clark Gable, Gary Cooper, Terence Stamp…




Aucun témoignage ne vient indiquer si la nature des relations entre les deux hommes fut modifiée par cette émancipation somme toute naturelle.



Désormais assez âgé, Nikolaus Tuczek poursuivit son activité de « sculpteur de chaussures » avant de disparaître en 1966. Ici encore, aucune précision quant aux circonstances de sa mort n’est parvenue jusqu’à nous. En 1968, John Hunter Lobb a pris le contrôle de la société Tuczek. George Cleverley a pour sa part développé son affaire et s’est entouré de son frère Anthony, auquel il a transmis les secrets du bout serres d’aigle, que la maison a su honorer dans le courant des années suivantes en fabriquant des modèles qui font aujourd’hui la joie des collectionneurs.

La seconde vie des chaussures Tuczek

En patronage richelieu ou lazy shoe, les chaussures Tuczek sont aujourd’hui des objets de collection rares qui font la joie des collectionneurs. On en découvre épisodiquement en ventes aux enchères ou sur e-Bay, dans des états très variables (mais jamais parfaitement restaurés) et n’ayant pas d’historique comme le modèle présenté ici. Leur côte oscille généralement entre 1000 et 3500 euros, valeur qui peut s’envoler dans le cas d’un modèle parfaitement conservé ou restauré. On se souviendra ainsi que John Hlustik, propriétaire d’Edward Green, offrit dans les années 80 3500 dollars à l’un de ses clients pour la paire de Tuczek datant du début des années 40 qu’il portait aux pieds. « Il a refusé et je ne peux pas dire que je lui en veuille » précisait le visionnaire sauveur d’Edward Green. La somme représentait pourtant à l’époque environ 8000 euros actuels…






George Cleverley s’est éteint en 1991 à l’âge de 93 ans. Il a fabriqué des chaussures jusqu’à la fin. Exactement comme son maître Nikolaus Tuczek.



da Napèoli, lunedì 25 maggio 2020 alle ore 16:49:08