La camicia perfetta per il gran caldo...

Camiceria

Gerardo ARMENANTE

da Salerno, martedì 6 agosto 2024 alle ore 11:53:25

Egregio Maestro,

senza rubare molto del suo prezioso tempo, qualche domanda a bruciapelo sull'oggetto della presente.

Per il gran caldo ed un look informale, meglio una camicia in puro lino o misto cotone-lino?

Riguardo ai dettagli del tessuto, quale armatura utilizzare per affrontare al meglio la calura?

Tela? Zephir? Giro inglese?

Le sarei grato se mi indicasse quant'altro di utile per la confezione di una siffatta camicia.

Con osservanza.

G. Armenante

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Giancarlo Maresca

Egregio signor Armenante,
ho risposto alla stessa domanda
 anche nella Posta del Gran Maestro,
ma come si suol dire: repetita iuvant!

Secondo il metodo critico qui sviluppato
i registri relativi al tono del contesto sono tre:


1) Formale, che a sua volta si divide in lavoro, sera e cerimonia.

2) Informale, che si divide in viaggio, visite e occasioni sociali senza protocollo.

3) Sportivo, che comprende club sportivi, aria aperta e active sportwear.


Lei chiede dei suggerimenti in ambito informale, che a differenza del formale può anche non richiedere giacca e cravatta. Una toeletta informale estiva prevede infatti solo quattro elementi essenziali: pantaloni, camicia, calze e scarpe. I pantaloni saranno privi di cuciture visibili o tasche tipo jeans, riservate allo sportivo. Le camicie avranno la manica lunga. Le scarpe non devono avere un dichiarato tono sportivo, quindi sono escluse quelle da vela, jogging e simili. Le calze zono irrinunciabili, la cintura consigliata.

Visto che la sua domanda presuppone il gran caldo, ritengo di dover partire da questo tema di grande attualità. Più di ogni altra cosa il gentiluomo ammira l’eleganza. Tra i venti e i trenta anni si sforza di raggiungerla, poi dopo due o tre decadi di esperienza capisce che lo sforzo è una delle cose che lo allontana dal risultato. Poiché l’eleganza è un’illuminazione che viene dall’anima, dallo spirito, ogni manifestazione fisica le impedisce di  manifestarsi. Il gentiluomo esercita quell’altissima forma di civiltà che è la preoccupazione per gli altri, quindi evita di esibire situazioni di disagio, sofferenza, agitazione e qualsiasi altra condizione che può invertire tale flusso attirando su se stesso le preoccupazioni altrui. Non si lamenta di nulla, tanto meno di un accidente banale come la temperatura. Il caldo serio si avverte anche da nudi, non sarà un capo di abbigliamento a cancellarlo, ma di certo può aggravare la situazione. Bisogna però sapere anche che un clima afoso si contrasta anche o soprattutto con la sapienza, l'educazione e l’autocontrollo. L’aria condizionata fa miracoli, ma non è onnipresente. Se non vuole inzupparsi di sudore, il sapiente osserva le seguenti precauzioni;

Evita ogni accenno di fretta, ansia o ira.

Si muove poco e lentamente, evita di salire scale.

In movimento non beve nulla, sino a che non ha tempo per rilassarsi.

Quanto alle camicie, sono da evitare gli oxford e le armature diagonali, particolarmente isolanti, ma anche i materiali quasi trasparenti, sui quali degli orribili ristagni di sudore sono inevitabili ed evidenti. Senza giacca niente voile o zephir, se si sceglie il cotone è meglio un popeline, un piquet poroso o un giro inglese, molto composto perché lo spessore lo rende assorbente come spugna.  Il lino è perfetto, molto meglio se in combinazione con pantaloni di lana o cotone. L’unico problema è che per apparire al meglio un capo in lino deve mostrare un minimo d’uso e chi lo indossa una buona dimestichezza con tale fibra nobile e schiva. Il lino è come un cappello: loquace ed eloquente. Dovete fornirgli una buona storia, un lungo curriculum, altrimenti racconterà a tutti della vostra inesperienza. L’unica soluzione è usare lino e cappelli da giovani, quando la stagione dell’incoscienza finisce è troppo tardi per un matrimonio d’amore.




Fino a quarant’anni fa i signori napoletani, giunti a quel segmento della vita che allora si chiamava mezza età, d’estate indossavano con orgoglio spettacolari camicie in filo di scozia dai disegni cravatta impressi con stampa a quadri, come quella delle cravatte. Costavano un occhio, ma ben curate duravano per migliaia di lavaggi, tanto è vero che ne uso regolarmente due esemplari degli anni 70 ancora in buone condizioni, sebbene siano state indossate prima da mio padre e poi da me, ogni anno e da oltre mezzo secolo. L’ultima la acquistai negli anni 80 da Lama, ma ormai erano rimanenze. Il mondo che capiva simili virtuosismi era già in disfacimento e il prodotto era andato fuori commercio.

Quanto ai dettagli, è bene che una camicia portata senza giacca, aperta al collo, dimostri in qualche modo di non essere la stessa che si mette sul lavoro. I bottoni saranno piuttosto piatti, magari di un lineato maggiore del registro formale. Collo e polsi avranno interni leggerissimi, ancor meglio assenti nel caso del lino.







Una foggia estiva interessante è quella caprese, col collo senza pistagna che prosegue nella paramontura interna. Nelle foto in alto vede tale soluzione su un modello di giacca-camicia realizzato in due diversi piquet. Quello celeste, cui gli orditi cardati danno un carattere irresistibile, era prodotto da Simonnot-Godard, lo stesso che realizzava quel magico chambré che vede in livrea gialla al centro della selezione di miei tessuti usata nella foto d’intestazione.




Una soluzione informale, ma nelle zone d’origine svolge anche un ruolo formale, è la guayabera. Nata a Cuba alla fine del XIX secolo, tra rivoluzioni politiche e sociali, è un capo carico di sensualità e voglia di vita, adatto però solo a chi abbia vissuto almeno qualche mese ai Caraibi. Le foto ne presentano un modello cubano in una pesante mista lino e cotone che interpreta con rigore filologico lo spirito della foggia originaria.

Cavallereschi saluti
Giancarlo Maresca

da Napoli, sabato 17 agosto 2024 alle ore 11:15:49
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