Dei pantaloni rossi

Titani - Abiti - Teoria e Storia dell'Abbigliamento classico

Giancarlo Maresca

da Napoli, domenica 31 maggio 2020 alle ore 14:24:45

Illustri Cavalieri,

Egregi Visitatori della Munita Cittadella,

con oggi finisce maggio, mese in cui normalmente i nostri mari tornano a riempirsi di natanti di ogni genere. Quest’anno la popolazione dei naviganti è limitata dalle contingenze, ma è comunque il momento giusto per dire qualcosa dei pantaloni rossi, tra i capi maschili che meglio evocano una militanza attiva sul blu profondo e sconfinato. Preliminarmente preoccupiamoci di chiarire i termini, ovvero i nomi e i confini del regno in cui stiamo entrando. Una profonda linea di demarcazione va innanzitutto tracciata tra il mondo amatoriale, o nautico, e quello professionale o marinaresco. La nautica a sua volta si può suddividere in un primo ambiente, detto diporto, che va dal puro intrattenimento all’impegnativa crociera, e un secondo ambiente sportivo, fatto di regate e prestazioni. In entrambi ha grande rilievo il tipo di propulsione, a vela o motore. Anche la marineria è costituita da due ambienti: militare e commerciale, quest’ultimo a sua volta composto da movimento merci e pesca. Fuori da ogni classificazione restano gli ambienti chiusi dei sottomarini come pure le navi destinate alla ricerca oceanografica e alla posa e riparazione di cavi, università galleggianti non riconosciute dove si pratica ogni specialità delle arti e delle scienze del mare. Quasi tutte le fogge e tradizioni che compongono i codici estetici marini nascono nella marineria militare o da pesca, sebbene non manchi qualche importante contributo del diporto e dello sport.




Da ponti e pontili non è raro che le fogge sbarchino a terra e vi restino a lungo, se non per sempre come archetipi. Il primo formidabile esempio, storicamente certo, lo diede il Principino del Galles, futuro Re Edoardo VII, comparendo a bordo dello yacht reale con la stessa tenuta dei militari che vi prestavano servizio. Correva l’anno 1846 quando il Principe Albert Edward di Sassonia Coburgo Gotha cominciava così la sua carriera di arbitro d’eleganza. Non aveva ancora cinque anni. Di lì a poco, e per circa un secolo, innumerevoli bambini di buona famiglia avrebbero vestito alla marinara.




E’ bene sapere che la marineria inglese ha fatto penetrare nel corredo archetipico dell’uomo classico la percezione del bianco e del blu come unici colori da usare per le barche e sulle barche. Sono ammesse nel quotidiano le sfumature intermedie e in caso di cattivo tempo le cerate in giallo o arancione, perché in caso di uomo in mare il bianco e il blu non farebbero altro che confondere il naufrago nelle spume invece di aiutarne il recupero. I pantaloni rossi rappresentano un’eccezione, e come tale qualcuno sostiene che possano essere indossati solo da chi ha traversato l’atlantico a vela. Chi pratica assiduamente vela di lungo corso si interessa molto poco ai colori e sceglie cosa indossare pensando solo alle prestazioni in mare, tra cui figurano la facilità e velocità di lavaggio e asciugatura.




Avendo navigato per anni, so che i marinai non riconoscono i loro simili dai pantaloni, semmai da qualcosa che essi nascondono. Quel qualcosa cui faceva riferimento il grande pioniere della vela d'altura in solitario Sir Francis Charles Chichester quando, importunato mentre caricava la sua Gipsy Moth di casse di gin, ebbe a dire: Qualsiasi sciocco potrebbe compiere il giro del mondo a vela, ma ci vuole un marinaio con gli attributi per riuscirci da sbronzi. 



I bovindi del NYYC, che ricordano la poppa di un galeone

 

L’idea di quel curriculum viene da un’altra abitudine, quella che avevano certi circoli nautici, primo di tutti il New York Yacht Club fondato nel 1844, di ammettere solo chi potesse dimostrare di aver percorso almeno 3.000 miglia di blue waters. Più o meno la distanza media tra la costa occidentale degli USA e l’Europa, quindi una tipica traversata atlantica. Se non arrivate a tanto non potrete entrare in quell’elite, ma in un paio di pantaloni rossi si. Qualora la vostra esperienza nautica si limitasse ai ristoranti del porto, andateci pure con blazer, pantaloni rossi e scarpe da vela. Stanno così bene vicino al mare che nessuna persona di buon senso e buon gusto può trovarli disdicevoli. Attenti a quelli che vi contestano la tenuta. Se vi invitassero a una gita sulla loro barca vantando trent’anni di mare, non ci andate per nessun motivo: è pericoloso per il benessere fisico e mentale.




Entrando ora nel vivo del tema, i primi pantaloni rossi vengono dalla Bretagna, dove i pescatori li ricavavano dalle vele usate. Ciò significa che per rispettare l’origine dovrebbero essere in canvas o duck, cioè grosso cotone con armatura a tela. In secondo luogo che il loro colore originario, quello delle vele bretoni, è un rosso spento che ha più della ruggine che del sangue o del fuoco. Infine che la loro natura si disvela solo quando sono ben consumati.



Pippo Dalla Vecchia sul Pilgrim, in pantaloni di massaua


Tra parentesi, lo stesso può dirsi per uno straordinario capo, ormai abbandonato dai praticanti, che fu tra le poche fogge squisitamente italiane. Parlo dei pantaloni di massaua, usati da scaricatori e pescatori e da lì diffusisi prima nella vela diportista e poi nel quotidiano estivo dei gentiluomini residenti in città di mare. La vera massaua è, o meglio dovrebbe essere, un tessuto poverissimo, una saial in cotone cardato tinto in pezza che perde colore con una facilità pari a quella del denim. Il suo inconfondibile blu è quello delle tute degli operai, che continuano a portarlo mentre in mare è scomparso. L’ultimo suo paladino fu Pippo dalla Vecchia, per tre lustri Presidente del Reale Yacht Club Canottieri Savoia e patriarca della vela sportiva a livello mondiale, che sino a poco fa ho potuto ammirare mentre incedeva tra le banchine del circolo e imbarcava sul suo solido “Pilgrim” , su cui ho avuto l’onore di navigare più volte con lui, con un’ampia camicia bianca e un paio di pantaloni di massaua dall’età indefinibile. Il tessuto se lo era procurato da una piccola merceria di Capri, che fornendo generi di basso costo credo abbia chiuso prima dell’estinzione dei dinosauri.







Sull'isola i groomsmen indossano spesso i Nantucket Reds.
Un'abitudine alquanto greve, che invece di tirare in alto
lo standard delle nozze, degrada quello dei pantaloni.
Vedendo queste foto, non passa la voglia di portarli?

 

Un pubblico colto e internazionale di diportisti ha portato ai più alti onori gli inconfondibili pantaloni di canvas di cotone tinto in pezza prodotti dal Murray’s Toggery Shop di Nantucket. Ribadisco diportisti, perché chi pratica la vela sportiva d'alto mare utilizza solo capi tecnici. Favolosi nella loro semplicità infantile e irriverente, notevolissimi col blazer come con una semplice maglietta, sull’isola i Nantucket Reds sono una bandiera e molto utilizzati ovunque si voglia sottolineare identità locale. La fama che si sono conquistati fuori da essa è tale che anche in altri contesti, dai rivestimenti alla valigeria, in tutti gli Stati Uniti si usa comunemente il termine di nantucket red per indicare il loro colore, che col tempo diventa diverso per ciascun esemplare restando sempre e comunque tra il salmone e la pesca. Autorevoli fonti riportano il parere di sedicenti esperti di quei luoghi secondo i quali i Nantucket Reds sarebbero nati nel XIX secolo nell’ambiente della pesca alla balena, attività in cui la popolazione locale eccelleva. Ebbene, le cose non stanno affatto così. Ho letto con attenzione Moby Dick, che pur essendo ricco di descrizioni di ogni aspetto della vita di bordo non fa alcun accenno a questa usanza. Lo stesso dicasi del Billy Budd, che però vede svolgersi la sua triste storia in ambiente militare. 






In linea generale, le tecniche che favoriscono la scoloritura dei tessuti non sono entrate nell'uso comune prima degli anni 60.  Fu da allora in poi che nacquero i prewashed, gli stone washed e man mano tutti i finissaggi e tinture che aiutano l’effetto fade, mentre prima di quel periodo anche i jeans comparivano in un raw denim ancora geloso del suo indaco profondo. Basta guardare icone di stile giovanile degli anni 50 come Marlon Brando o James Dean  per constatare che i loro jeans recano segni minimi  di usura, solo alle tasche e al sedere.




Pertanto affermo, pronto a riconoscere il mio errore qualora altri ricercatori reperissero e producessero documenti che provano il contrario, che i Nantucket Reds come oggi li conosciamo sono figli degli anni 60, nascono direttamente per il diporto e si ispirano ai pantaloni bretoni di cui abbiamo detto. Il sito istituzionale del Toggery Shop lo conferma, attribuendosene l'invenzione. Poiché la creazione di una foggia raramente avviene da zero, senza l'ispirazione di modelli e archetipi precedenti, è presumibile che Philip C. Murray abbia tratto l'idea da qualcosa o qualcuno che usava pantaloni del genere, ma resta assai probabile che sia stato lui a compiere la scelta vincente di realizzare i Nantucket Reds in un cotone dalla tintura volutamente facile a schiarirsi e sfumare. La casa ha poi seguito le tendenze moderne, presentando prodotti prelavati accolti con scarso favore dai puristi. Non vale la pena badare a questo particolare, perché qualsiasi cosa se ne dica un Nantucket Red non è un titolo e nemmeno un certificato, nel senso che non fa il marinaio e nemmeno l'isolano. E' un capo allegro che vi potrebbe stare molto bene, ma non fa di nessuno un lupo di mare. Prenderlo troppo sul serio, in qualunque modo, è proprio il modo sbagliato di portarlo.




Non posso lasciare Nantucket senza qualche parola di elogio per la cultura nautica e marinaresca dell’intera area. Vi si distingue una volontà di fare che contempla la sfida, mai il tradimento di fede e bellezza. Un credo simile a quello cavalleresco, che si è tradotto nella realizzazione dei più bei schooner di ogni tempo e regione. Uno dei più maestosi e il più grande senza motore, lo Shenandoah, venne costruito nel Maine nel non lontanissimo 1964, sebbene basandosi su disegni del 1850. Contemplandone la pura linea ci si convince che l’uomo sa produrre la perfezione in ogni campo, solo che quando vi arriva non sa riconoscerla e così sistematicamente l’abbandona, illudendosi di superarla.  


Cavallerescamente

Giancarlo Maresca

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Giampaolo Marseglia

Non che ce ne sia bisogno, ma, a supporto delle affermazioni del G.M., posso aggiungere che anche nel libro “Due anni a prora” (“Two years before the mast”) di Richard Henry Dana (1), altro caposaldo della narrativa marinaresca, pur nella ricchezza di descrizioni di tutti gli aspetti della vita a bordo di una nave (2), ivi compreso l’abbigliamento, non c’è alcun accenno ai pantaloni in discussione.

In particolare, nel momento dell’incontro in porto con la baleniera Wilmington, il Dana così descrive i colleghi balenieri: “sebbene facesse tutt’altro che freddo, (noi portavamo solo la camicia rossa e i calzoni), gli uomini della baleniera indossavano tutti calzoni di lana, e non calzoni blu ben tenuti, ma di tutti i colori - marrone, nocciola, grigi e addirittura verdi (3) - trattenuti da bretelle e muniti di tasche per ficcarci le mani”.

Vale la pena di sottolineare che i calzoni di cui sopra, indossati dai marinai del Pilgrim, sono nella stesura originale in inglese sempre definiti “duck trousers”, ovvero calzoni in tessuto duck, che è quello a cui accenna il G.M.; si tratta del Duck (o Doek) Canvas, tela di cotone di origine olandese, di particolare robustezza, proprio per questo comunemente utilizzata nell’abbigliamento marinaresco (vedi foto allegata).

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Coloro che volessero acquistare gli originali Nantucket Reds presso il Murray’s Toggery Shop, senza peraltro doverci andare di persona, possono visitare l’indirizzo web “nantucketreds.com/collections/nantucket-reds” in cui codesti pantaloni sono in vendita a meno di 100 USD al paio (prezzi popolari dunque).

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(1)  Cambridge (Massachussetts) 1815 – Roma 1882. E’ sepolto nel Cimitero Protestante della nostra Capitale, così come John Keats e Percy Shelley.

(2)  Nella prima parte delle avventure narrate, la nave su cui è imbarcato l’Autore è il brigantino Pilgrim (Nota Bene: non si tratta dell’omonimo natante di Pippo Dalla Vecchia citato dal G.M.).

(3)  L’aggettivo “verdi” in corsivo è dovuto al fatto che l’Autore ha voluto dare a tale particolare un tono di celia, giocando sul fatto che in inglese per dire che uno che ha la nausea si usa l’espressione “è verde”.

da Napoli, domenica 31 maggio 2020 alle ore 15:40:53
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