Illustri Cavalieri,
Egregi Visitatori della
Munita Cittadella,
con
oggi finisce maggio, mese in cui normalmente i nostri mari tornano a riempirsi
di natanti di ogni genere. Quest’anno la popolazione dei naviganti è limitata
dalle contingenze, ma è comunque il momento giusto per dire qualcosa dei
pantaloni rossi, tra i capi maschili che meglio evocano una militanza attiva
sul blu profondo e sconfinato. Preliminarmente preoccupiamoci di chiarire i
termini, ovvero i nomi e i confini del regno in cui stiamo entrando. Una
profonda linea di demarcazione va innanzitutto tracciata tra il mondo
amatoriale, o nautico, e quello professionale o marinaresco. La nautica a sua
volta si può suddividere in un primo ambiente, detto diporto, che va dal puro
intrattenimento all’impegnativa crociera, e un secondo ambiente sportivo, fatto
di regate e prestazioni. In entrambi ha grande rilievo il tipo di propulsione,
a vela o motore. Anche la marineria è costituita da due ambienti: militare e
commerciale, quest’ultimo a sua volta composto da movimento merci e pesca.
Fuori da ogni classificazione restano gli ambienti chiusi dei sottomarini come
pure le navi destinate alla ricerca oceanografica e alla posa e riparazione di
cavi, università galleggianti non riconosciute dove si pratica ogni specialità
delle arti e delle scienze del mare. Quasi tutte le fogge e tradizioni che
compongono i codici estetici marini nascono nella marineria militare o da
pesca, sebbene non manchi qualche importante contributo del diporto e dello
sport.

Da ponti e pontili non è raro che le fogge sbarchino a terra e vi restino a
lungo, se non per sempre come archetipi. Il primo formidabile esempio,
storicamente certo, lo diede il Principino del Galles, futuro Re Edoardo VII,
comparendo a bordo dello yacht reale con la stessa tenuta dei militari che vi
prestavano servizio. Correva l’anno 1846 quando il Principe Albert Edward di
Sassonia Coburgo Gotha cominciava così la sua carriera di arbitro d’eleganza.
Non aveva ancora cinque anni. Di lì a poco, e per circa un secolo, innumerevoli
bambini di buona famiglia avrebbero vestito alla marinara.

E’
bene sapere che la marineria inglese ha fatto penetrare nel corredo archetipico
dell’uomo classico la percezione del bianco e del blu come unici colori da
usare per le barche e sulle barche. Sono ammesse nel quotidiano le sfumature
intermedie e in caso di cattivo tempo le cerate in giallo o arancione, perché
in caso di uomo in mare il bianco e il blu non farebbero altro che confondere
il naufrago nelle spume invece di aiutarne il recupero. I pantaloni rossi
rappresentano un’eccezione, e come tale qualcuno sostiene che possano essere
indossati solo da chi ha traversato l’atlantico a vela. Chi pratica
assiduamente vela di lungo corso si interessa molto poco ai colori e sceglie
cosa indossare pensando solo alle prestazioni in mare, tra cui figurano la
facilità e velocità di lavaggio e asciugatura.

Avendo navigato per anni, so
che i marinai non riconoscono i loro simili dai pantaloni, semmai da qualcosa
che essi nascondono. Quel qualcosa cui faceva riferimento il grande pioniere della
vela d'altura in solitario Sir Francis Charles Chichester quando, importunato
mentre caricava la sua Gipsy Moth di casse di gin, ebbe a dire: Qualsiasi
sciocco potrebbe compiere il giro del mondo a vela, ma ci vuole un marinaio con
gli attributi per riuscirci da sbronzi.

I bovindi del NYYC,
che ricordano la poppa di un galeone
L’idea
di quel curriculum viene da un’altra abitudine, quella che avevano certi
circoli nautici, primo di tutti il New York Yacht Club fondato nel 1844, di
ammettere solo chi potesse dimostrare di aver percorso almeno 3.000 miglia di
blue waters. Più o meno la distanza media tra la costa occidentale degli USA e
l’Europa, quindi una tipica traversata atlantica. Se non arrivate a tanto non
potrete entrare in quell’elite, ma in un paio di pantaloni rossi si. Qualora la
vostra esperienza nautica si limitasse ai ristoranti del porto, andateci pure
con blazer, pantaloni rossi e scarpe da vela. Stanno così bene vicino al mare
che nessuna persona di buon senso e buon gusto può trovarli disdicevoli.
Attenti a quelli che vi contestano la tenuta. Se vi invitassero a una gita
sulla loro barca vantando trent’anni di mare, non ci andate per nessun motivo:
è pericoloso per il benessere fisico e mentale.

Entrando
ora nel vivo del tema, i primi pantaloni rossi vengono dalla Bretagna, dove i
pescatori li ricavavano dalle vele usate. Ciò significa che per rispettare
l’origine dovrebbero essere in canvas o duck, cioè grosso cotone con armatura a
tela. In secondo luogo che il loro colore originario, quello delle vele
bretoni, è un rosso spento che ha più della ruggine che del sangue o del fuoco.
Infine che la loro natura si disvela solo quando sono ben consumati.

Pippo Dalla Vecchia sul Pilgrim, in pantaloni di massaua
Tra parentesi, lo stesso può dirsi per uno straordinario capo, ormai
abbandonato dai praticanti, che fu tra le poche fogge squisitamente italiane.
Parlo dei pantaloni di massaua, usati da scaricatori e pescatori e da lì
diffusisi prima nella vela diportista e poi nel quotidiano estivo dei gentiluomini
residenti in città di mare. La vera massaua è, o meglio dovrebbe essere, un
tessuto poverissimo, una saial in cotone cardato tinto in pezza che perde
colore con una facilità pari a quella del denim. Il suo inconfondibile blu è
quello delle tute degli operai, che continuano a portarlo mentre in mare è
scomparso. L’ultimo suo paladino fu Pippo dalla Vecchia, per tre lustri
Presidente del Reale Yacht Club Canottieri Savoia e patriarca della vela
sportiva a livello mondiale, che sino a poco fa ho potuto ammirare mentre
incedeva tra le banchine del circolo e imbarcava sul suo solido “Pilgrim” , su
cui ho avuto l’onore di navigare più volte con lui, con un’ampia camicia bianca
e un paio di pantaloni di massaua dall’età indefinibile. Il tessuto se lo era
procurato da una piccola merceria di Capri, che fornendo generi di basso costo
credo abbia chiuso prima dell’estinzione dei dinosauri.



Sull'isola i groomsmen indossano spesso i Nantucket Reds.
Un'abitudine alquanto greve, che invece di tirare in alto
lo standard delle nozze, degrada quello dei pantaloni.
Vedendo queste foto, non passa la voglia di portarli?
Un
pubblico colto e internazionale di diportisti ha portato ai più alti onori gli
inconfondibili pantaloni di canvas di cotone tinto in pezza prodotti dal
Murray’s Toggery Shop di Nantucket. Ribadisco diportisti, perché chi pratica la
vela sportiva d'alto mare utilizza solo capi tecnici. Favolosi nella loro
semplicità infantile e irriverente, notevolissimi col blazer come con una
semplice maglietta, sull’isola i Nantucket Reds sono una bandiera e molto
utilizzati ovunque si voglia sottolineare identità locale. La fama che si sono
conquistati fuori da essa è tale che anche in altri contesti, dai rivestimenti
alla valigeria, in tutti gli Stati Uniti si usa comunemente il termine di
nantucket red per indicare il loro colore, che col tempo diventa diverso per
ciascun esemplare restando sempre e comunque tra il salmone e la pesca. Autorevoli
fonti riportano il parere di sedicenti esperti di quei luoghi secondo i quali i
Nantucket Reds sarebbero nati nel XIX secolo nell’ambiente della pesca alla
balena, attività in cui la popolazione locale eccelleva. Ebbene, le cose non stanno
affatto così. Ho letto con attenzione Moby Dick, che pur essendo ricco di
descrizioni di ogni aspetto della vita di bordo non fa alcun accenno a questa
usanza. Lo stesso dicasi del Billy Budd, che però vede svolgersi la sua triste
storia in ambiente militare.


In linea
generale, le tecniche che favoriscono la scoloritura dei tessuti non sono
entrate nell'uso comune prima degli anni 60. Fu da allora in poi che
nacquero i prewashed, gli stone washed e man mano tutti i finissaggi e tinture
che aiutano l’effetto fade, mentre prima di quel periodo anche i jeans
comparivano in un raw denim ancora geloso del suo indaco profondo. Basta
guardare icone di stile giovanile degli anni 50 come Marlon Brando o James
Dean per constatare che i loro jeans recano segni minimi di usura,
solo alle tasche e al sedere.

Pertanto
affermo, pronto a riconoscere il mio errore qualora altri ricercatori
reperissero e producessero documenti che provano il contrario, che i Nantucket
Reds come oggi li conosciamo sono figli degli anni 60, nascono direttamente per
il diporto e si ispirano ai pantaloni bretoni di cui abbiamo detto. Il sito
istituzionale del Toggery Shop lo conferma, attribuendosene l'invenzione.
Poiché la creazione di una foggia raramente avviene da zero, senza l'ispirazione
di modelli e archetipi precedenti, è presumibile che Philip C. Murray abbia
tratto l'idea da qualcosa o qualcuno che usava pantaloni del genere, ma resta
assai probabile che sia stato lui a compiere la scelta vincente di realizzare i
Nantucket Reds in un cotone dalla tintura volutamente facile a schiarirsi e
sfumare. La casa ha poi seguito le tendenze moderne, presentando prodotti
prelavati accolti con scarso favore dai puristi. Non vale la pena badare a
questo particolare, perché qualsiasi cosa se ne dica un Nantucket Red non è un
titolo e nemmeno un certificato, nel senso che non fa il marinaio e nemmeno
l'isolano. E' un capo allegro che vi potrebbe stare molto bene, ma non fa di
nessuno un lupo di mare. Prenderlo troppo sul serio, in qualunque modo, è
proprio il modo sbagliato di portarlo.

Non
posso lasciare Nantucket senza qualche parola di elogio per la cultura nautica
e marinaresca dell’intera area. Vi si distingue una volontà di fare che
contempla la sfida, mai il tradimento di fede e bellezza. Un credo simile a
quello cavalleresco, che si è tradotto nella realizzazione dei più bei schooner
di ogni tempo e regione. Uno dei più maestosi e il più grande senza motore, lo
Shenandoah, venne costruito nel Maine nel non lontanissimo 1964, sebbene
basandosi su disegni del 1850. Contemplandone la pura linea ci si convince che
l’uomo sa produrre la perfezione in ogni campo, solo che quando vi arriva non
sa riconoscerla e così sistematicamente l’abbandona, illudendosi di
superarla.
Cavallerescamente
Giancarlo Maresca