Il cinema classico

"Classico è ciò che si dà una volta per tutte"
Carmelo Bene


Premessa

Cosa vuol dire classicità? Con questo termine indichiamo un’epoca, uno stile, un ambiente in cui si sono definiti i parametri che permettono di decodificare un linguaggio, una scienza, una tecnica artistica. Un classico è un prodotto comprensibile da tutti, giacché i suoi stilemi ne costituiscono l’essenza e quell’essenza è riconoscibile universalmente, come l’odore del pane. Nonostante ciò, dire cosa e dove sia il classico è realmente difficile. Abbiamo detto che è l’origine e la sede dei paradigmi estetici, quindi se ha il potere di generare deve essere assimilabile ad un organismo. In quanto tale non può essere eterno, anche se lo sono i suoi effetti e la sua opera. Il classico ha dunque una vita limitata e – una volta morto - lascia un’influenza illimitata nello spazio e nel tempo. In genere si chiama classico il cinema di un determinato periodo, per lo più dagli anni ’30 agli anni ’60. Escludere opere importanti degli anni ’70, o oltre, significa però tradire la premessa del ragionamento. Il dato cronologico è una conseguenza, mentre per cogliere e trasmettere il concetto di classicità occorre inquadrarne la natura. Per misurare un fiume, se ne deve trovare la sorgente. Il classico in generale, sosteniamo come Cavalieri, è "il sistema di ricezione, elaborazione e trasmissione dei significati estetici ereditari". E’ un linguaggio che nasce, cresce, si diffonde, si afferma e infine muore quando non è più fecondo, il che si verifica quando il suo ambiente naturale si è modificato o estinto. Il linguaggio classico nasce in un momento ancora imprecisato, domina il cinema dagli anni ’30 agli anni ’80, coi ’90 inizia a indebolirsi e imbastardirsi, nel ’97 muore ed oggi le sue spoglie giacciono in televisione. Il lavoro che come Regista di quest’area propongo e mi propongo è quello di investigare tutti gli aspetti della vita e dell’eredità del classico, in cerca dell’origine dei suoi lemmi, dei tic, dei pregi, dei vizi, dei personaggi, il tutto allo scopo di acquisire strumenti critici, perfezionarli ed usarli per quello che è il primo scopo cavalleresco: il Piacere sereno e libero, in quanto sapiente.

La definizione di classicismo cinematografico è mutevole o provvisoria solo per il miope, che può vedere esclusivamente ciò che ha davanti agli occhi. Su un campo più lungo, che comprenda il presente ed il passato, una definizione diventa possibile e stabile. Classico nasce, o diventa, un film che è matrice immutabile, pietra miliare dello sviluppo di un linguaggio cinematografico coerente che comprendiamo a prescindere dalla conoscenza della sua grammatica. Lo è inoltre ogni altro prodotto che utilizzi questo materiale come ingrediente dominante. Quest’area intende essere un laboratorio di studio e confronto che proceda ad un’analisi del linguaggio classico, in modo da isolarne man mano metodi, scopi, tecniche, organizzazione, tutto ciò che abbia contribuito a renderlo coerente ed omogeneo, onde comprenderne infine le regole. Naturalmente anche i prodotti estranei al Classico possono essere utili a questa ricerca, ma soprattutto lo saranno il confronto ed il contributo degli appassionati che vorranno partecipare con proprie considerazioni o domande.

Messo in chiaro il principio, possiamo azzardare una data della fine. Il Classico cinematografico, dopo un declino iniziato nel 1990, muore come linguaggio nel 1997. Vedremo in quest’area come e perché, nonché quali siano i metodi e scopi del cinema Classico. Per ora limitiamoci a dire che parlare del Classico come di un ciclo, di un sistema con un’alba ed un tramonto, implica che esista qualcosa prima di esso, qualcosa che è venuto dopo, qualcosa che avrebbe voluto o potuto esserlo e non lo è mai stato. Inoltre, all’interno dello stesso Classico, sussiste una gerarchia tra cinema e grande cinema. Il primo usa e getta, il secondo dice e crea. Infatti, se il classico è una lingua, bisogna ammettere che nella stessa lingua si possano scrivere sia un verbale di contravvenzione stradale che un capolavoro. Distinguere il grande cinema richiede ed alimenta un gusto educato ad apprezzare le opere che trasmettono un’idea elevata dell’uomo, o forniscano un elevato punto di vista su esso, attraverso quella purezza e concentrazione dei significati che è patrimonio esclusivo dell’arte. Come la buona letteratura, anche il buon cinema può parlare di noi con lucidità e spietatezza, raffigurando i limiti e la presunzione dell’uomo, ma anche il suo coraggio, la sua indipendenza, il suo genio. Attenzioni speciali meritano quelle personalità che hanno modificato con la loro vita il linguaggio cinematografico, giacché non esistono cambiamenti senza i grandi uomini che li realizzano, né ideali senza nessuno che li incarni. E’ a questi esempi che dobbiamo, sempre, riferirci.

Archibald Alexander Leach


Torna Indietro