Vacanze

Vacanza (dal latino vacare, cessare un'attività, essere libero da impegni) significa allontanarsi per qualche tempo da tutto, ma proprio tutto. La prima condizione della vacanza è la distanza. Non intesa come lontananza fisica, ché questa si verifica anche ad ogni viaggio di lavoro, bensì come astrazione dai doveri connessi con le relazioni abituali e quindi come difficile reperibilità. Comunicato ai cari ed a persone scelte strategicamente un numero fisso, ci si libera di ogni altro tipo di connettività. Molti lavoratori autonomi non ci riescono, perché la sindrome del lavoro è giunta ad uno stadio troppo avanzato. Sono casi sempre più frequenti, in cui l’uomo non riesce più a godersi, immergendovisi totalmente e non solo sino alle caviglie, la compagnia di se stesso e della famiglia. Non c’è un rimedio sicuro, anche se in alcuni casi il sopraggiungere di patologie meno gravi, come il cancro, conducono ad una riflessione più serena sulla scala dei valori autentici e sull’esistenza di altre felicità e altri doveri fuori dall’atmosfera controllata del lavoro. Dopo l’eventuale guarigione, molti soggetti colpiti da una minaccia di morte o invalidità abiurano la loro fede universale nel totem del successo e abbracciano la dottrina della soddisfazione personale, quella che si trova a modo proprio. Per misteriosi motivi questa conversione non si verifica quasi mai in seguito alle patologie cardiache, all’uscita delle quali molti soggetti amano dimostrare di essere sempre se stessi lavorando come e peggio di prima. Se si riesce a tenere il cellulare spento per il primo giorno, si noterà come sia facile lasciarlo così per tutto il tempo necessario a godersi la vacanza. A chi non ci riesce, a quelli che vogliono lasciarlo acceso perché possa telefonare mammà, ma in realtà vengono raggiunti da clienti e colleghi, a quelli che vogliono lasciarlo acceso perché possano essere raggiunti da clienti e colleghi, ma in realtà vengono chiamati ogni giorno solo da mammà, non ho nulla da dire, se non quello che essi stessi dicono a mammà ed ai clienti: tutto va bene.

Fuori da questi casi di responsabilità lavorativa patologica, vive il gentiluomo. Questi, quando parte per una vacanza, si preoccupa solo per emergenze vere, dove la sua presenza è indispensabile: il parto della giumenta, l’incendio della villa, la mareggiata che ha danneggiato la barca mentre lui era in montagna, un lutto stretto.

Il piacere della vacanza non si misura dalla durata ma dall’intensità con cui si vive. Darà più soddisfazione una fine di settimana (smettiamola di chiamarla week-end!) in un alberghetto di atmosfera a Parigi girando per brasseries e bistrot o per bancarelle sulla Rive Gauche, che una banale settimana in un villaggio turistico con buffet stucchevoli ed iniziative ludiche che vanno sotto il nome di "animazione", artificiali e tristi come la pina colada nel bicchiere di plastica. Ideate per soggetti affetti da gravi handicap psichici, tali attività sono spesso offensive della dignità umana. Farsi coinvolgere in partite a beach-volley con la pancetta ed il fisico da cittadino sedentario può essere considerato un modo di mostrarsi spiritoso, ma può essere anche letto come perdita di senso del ridicolo e del ruolo.

Il gentiluomo che vuol godersi la vacanza sceglierà con cura i periodi di minor affollamento delle sue mete. Ovviamente il periodo estivo è il meno indicato per la presenza di quadrate legioni di vacanzieri. I forzati dell’autostrada, gli stacanovisti del check-in, formano orde funeste che invadono, come la biblica piaga delle cavallette, ogni destinazione classica: dalla riviera ligure (con sconfinamenti su quella francese) alla costiera amalfitana, a Capri, Ischia, Taormina, al litorale adriatico da S. Maria di Leuca al Carnaro. Recarsi in questi luoghi dalla fine di giugno alla fine di agosto è peggio che rimanere in città: File dappertutto, ingorghi, un arredo umano deprimente con pargoli ululanti per il caldo e la noia. Musica a tutto volume perché fa tendenza anche quando si entra in un bar al mattino per il primo sacrosanto caffé decente della giornata perché, in genere, quello degli alberghi è imbevibile. Se per un certo periodo si vuol evitare di incontrare concittadini e compatrioti sono da evitare in estate anche Parigi e Londra. Attenti anche alla Pasqua cattolica ed a quella ortodossa (raramente coincidono) per Atene e la Grecia. In questi periodi è meglio ospitare o farsi ospitare in tranquille case di campagna o in zone marine non ancora scoperte dal turismo di massa. Sulla costa ionica della Calabria e vicino Catania rimane ancora qualcosa. Sono posti noti soltanto ai traghettatori di clandestini che colà sovente vanno ad arenarsi.

In estate la vera vacanza si fa nella propria città, andando a scovare angolini nascosti che spesso possono dare piacevoli sorprese. Unica precauzione rimane quella di documentarsi sugli esercizi pubblici aperti per aver sempre a disposizione un bar, un ristorante, una pizzeria. Sarà una splendida riconquista della propria città, attendendo però, a piè fermo, le tribù che riprenderanno possesso della vostra città.

Se, dopo aver scelto la destinazione ed il periodo, vi recherete all’estero, alcune prescrizioni sono di rigore. Innanzitutto l’abbigliamento (v. i monologhi Summertime e Viaggio in aereo). Se proprio ci tenete, è ammesso un abbigliamento più sportivo, ma senza mai esagerare. L’essere in vacanza non vi autorizza ad essere un cafone. Ammessi dunque i pantaloni sportivi, compresi i jeans, purchè con un giro vita normale e non a fil di pelo pubico. Se vi chinate, a nessuno, ma proprio a nessuno, interesserà che voi indossiate l’underwear di Dolce e Gabbana. Calzature comode, ma non fuori luogo. Semprecchè non dobbiate darvi al pericoloso sport dello jogging o giocare un paio di set di tennis, evitate le antiestetiche scarpe sportive imposte dalla moda stracciariola di oggi. Un paio di mocassini sfoderati e scamosciati saranno perfetti. Stravietati per girare in città bermuda, sandali alla francescana (e relativi calzini corti bianchi), sabot.

Girando per le città, soprattutto nelle vie più eleganti, evitate di mettere a repentaglio le vostre vertebre cervicali girandovi di scatto al passaggio di un’aulente figliola. E’ lo sport preferito degli italiani all’estero e la fama che ci siamo fatti non è tra le più commendevoli. Devo confessare che a Londra, passeggiando in Gloucester (si pronunzia Gloster) Road anch’io mi girai di scatto. L’oggetto dei miei desideri inconfessabili era una splendida Rolls Royce Phantom III cabriolet nera carrozzata da Mulliner nel 1938, con tappezzeria in pelle bianca. I suoi cinque fari anteriori, le trombe dei claxon dalle cromature splendenti erano assolutamente seducenti… Ma andiamo oltre.

Durante i vostri viaggi vi potrà capitare di fare amicizie con persone del luogo o con altri compatrioti viaggiatori. Quanto agli uomini del luogo, sempre che si tratti di persone almeno all’apparenza rispettabili, cercate di mantenere un minimo di riserbo, di non rivelargli subito il PIN del vostro bancomat. Se avete l’impressione che l’amicizia si stia stringendo, magari con la classica proposta d’affari, fate in modo di assumere, al limite tramite il Consolato d’Italia competente, qualche informazione sul soggetto. Un bidone è sempre possibile, come la compravendita del carillon del Big Ben.

Quanto alle donne, soprattutto nei paesi extracomunitari, massima attenzione. Anche se avete ottant’anni, l’artrite deformante o altre malattie visibili, in certi posti potreste trovare (prevalentemente a Cuba, Santo Domingo, San Paolo, Rio, Kiev etc.) una donna giovane e carina che, dopo aver accettato un invito a cena, s’infili anche tra le vostre lenzuola, proclamando eterno amore e dichiarando di volervi sposare subito. Diffidate. Costei in realtà vuole sposare il vostro passaporto e diventare cittadina italiana anche dopo l’inevitabile consequenziale divorzio.

Evitate all’estero di riempire i vostri bagagli di souvenir: quelli in vendita in Europa vengono tutti dall’Asia (Cina, Hong Kong, Singapore). Si tratta di paccottiglia che servirà soltanto a rendere isterica la vostra domestica al momento dello spolvero. Evitate anche di portare simili souvenir ai vostri amici, salvo che non abbiate ricevuto richieste precise in tal senso. Se per esempio andate in Scozia e vedete un taglio di tweed da donare ad un vostro amico, astenetevi. Potrebbe non piacergli. Al limite chiedete un campione e procuratevi ogni indicazione sull’acquisto per corrispondenza del tessuto in questione. Gli unici destinatari dei doni presi all’estero possono essere le persone di cui conoscete bene i gusti: mogli, amanti, figli.

Una volta rientrati, conservate gelosamente le vostre foto ed i vostri filmati: una serata dedicata a visionare questo materiale con i vostri amici sarebbe un flop e molte sarebbero le simpatie che vi alienereste. Avete titolo a farlo solo se avete ripreso uno tsunami, l’eruzione di un vulcano, le conseguenze di un terremoto. Ma anche questo potrebbe essere discutibile. Significherebbe, che mentre la gente era in grave pericolo, voi vi stavate gingillando con lo zoom della vostra telecamera. Una serata di proiezioni amatoriali v’è consentita, al limite, solo se siete un bird o un fish watching ed avete ripreso qualcosa di eccezionale. Per il resto ci sono internet e Discovery Channel.

In conclusione, fate fruttare la vostra vacanza conservando nell’animo, non soltanto sulle memory card, le sensazioni nuove ed antiche che aiuteranno la ripresa del ritmo lavorativo.
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