Lettere

Una lettera dice molto, se non tutto, del mittente. Dal tipo di carta utilizzata, alla grafia, al mezzo utilizzato per scriverla. Sgombro subito il campo da un malvezzo molto in uso: un gentiluomo non usa mai per le lettere personali la carta intestata del suo ufficio o del suo studio, men che meno barrandone l’intestazione. Sembra evidente che questo intervento sia reprensibile da un punto di vista se non altro estetico, eppure credo che a più d’uno dei miei lettori sia capitato di ricevere auguri natalizi su carta intestata di uno dei due rami del Parlamento o di prestigiose aziende pubbliche e private, magari con un frego di penna per far capire che l’autore "non ci tiene". Poiché la vera amicizia si dimostra dando, mai togliendo, vigiliamo in materia ed evitiamo questo comportamento, anche se saranno proprio i veri amici gli unici a perdonare anche errori così gravi. La carta per uso personale recherà soltanto nome e cognome, eventuale stemma araldico ed indirizzo o indirizzi. Restano esclusi i titoli accademici, professionali e nobiliari. Sulle buste (sul lembo posteriore) soltanto il nome e cognome.
La carta da lettere personale è… personalissima. E’ da escludere anche quella di marito e moglie, abitudine invalsa soprattutto nelle giovani coppie: oltre ad equivocare sull’autore della lettera, si occupa spazio inutile. Con il passare del tempo accade sovente che si cominci a separare la carta da lettere, poi la tavola ed infine il letto, per cui la soluzione ottimale rimane sempre quella della carta singola e personale.
L’unica eccezione potrà essere fatta se si possiede una tenuta, una villa storica o un castello. In questo caso è très chic far trovare ai propri ospiti, nelle camere della foresteria, la carta da lettere (e relative buste) con l’intestazione "Villa Ercole" oppure "Tenuta del Principe ZZZ" etc. Ovviamente insieme alla carta una penna, ovviamente stilografica, bella ma di non eccessivo valore. All’età in cui si pensa a queste cose, già si sa che tutti sono collezionisti di ogni cosa che non si paga La carta da lettere sia innanzitutto semplice e personale. Si inizia con la scelta della carta. Vale la pena di tenersi lontani da rutilanti cartolerie delle zone commerciali, per fare deliziose scoperte nella penombra di negozietti dei centri storici. La carta dev’essere innanzitutto toccata, palpata. Qualcosa con cui prendere confidenza subito, qualcosa che aiuti la penna a scivolare mentre il pensiero fluisce nel pennino dal cervello attraverso il braccio. Non bisogna mai, quindi, cadere nella trappola di interessati cartolai e venali tipografi. Dall’infausto connubio di tali due categorie, sovente nascono veri e propri aborti. Acquistando la carta è spesso opportuno rifiutare interessati servigi del cartolaio del tipo "conosco un ottimo tipografo…". Molto spesso si è in presenza di artigiani alle prime armi che se va bene potrebbero rovinare una risma di carta e, se va male, una reputazione. Una volta scelta la carta, varrà la pena di fare una bozza di come la si desidera, realizzando quello che una volta (all’epoca delle linotype) si chiamava menabò. In questo momento decisivo (come ogni Creazione) non bisogna mai lasciarsi influenzare da carte intestate già viste o, peggio, dai campionari. L’impostazione grafica della propria carta intestata è più personale della scelta di una cravatta. Come quest’ultima si sceglie per se stessa, senza pensare agli abbinamenti, così anche in questo caso esso vanno fatti dopo. Prima la carta, poi la grafica, poi la busta. Non c’è altro, ma non è facile come sembra.
Una volta decisa l’impostazione, sarà il caso di sottoporla al tipografo chiedendo la stampa di prova di due o tre esemplari, (innanzitutto per controllare eventuali errori di stampa) al fine di verificare se il nostro Verbo s’è incarnato nella Materia secondo la nostra volontà.
In possesso della nostra carta, potremo scrivere lettere personali. A penna. Mai con macchine per scrivere, stampanti di computer e nemmeno penne a sfera, le quali sono utili soltanto quando c’è da compilare un modulo a ricalco o firmare la nota dello charcutier. Il mezzo meccanico è ammesso soltanto in presenza di gravi infermità (auspicabilmente temporanee) agli arti superiori. Il contenuto della lettera dipenderà esclusivamente dalla padronanza della lingua e della penna del mittente. Plurilaureati e studenti, calligrafi e farmacisti, scrittori e parcheggiatori, tutti trarranno giovamento dal ricorso alla buona, vecchia e cara "brutta copia". La scrittura a mano non ha le funzioni "taglia, copia, incolla" dei nostri computer ed una cancellatura è esteticamente sgradevole. La "brutta copia" salva quindi dalla "brutta figura".
Il testo della lettera sarà adeguato sempre (come ogni "segno" semanticamente rilevante) alla cultura ed alla preparazione del destinatario: l’uso di paroloni con persone che si sa essere di basso livello culturale è un inutile sfoggio.
Un ultimo suggerimento sulla firma. Se la lettera è indirizzata a persona cara ed il contenuto è confidenziale, sarà opportuno barrare il proprio cognome sull’intestazione (mai sulla busta). Per stabilire il tipo di firma basti pensare al rapporto che si ha con il destinatario: se ci si tratta con il "tu" basterà il nome. Negli altri casi nome e cognome. In questo caso si firmerà soltanto con il proprio nome di battesimo. Se invece si scrive una lettera personale, ma dal contenuto "semi ufficiale" (ad esempio, la richiesta di restituzione di un prestito grazioso concesso e mai rimborsato) in questo caso non si barrerà il cognome e si firmerà per esteso.
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