Compendio



IL GENTILUOMO NELLA PROPRIA CASA



f) Addobbi ed arredi in occasione di particolari ricorrenze
Abbiamo ormai assodato che un gentiluomo, come conseguenza o forse come presupposto di questa particolare condizione, trascorre in casa la parte qualitativamente più importante del proprio tempo.



Il cancello è il confine tra la sua vita esteriore e quella interiore, i muri il naturale prolungamento del suo corpo, gli arredi la mappa del suo spirito. In casa legge, pensa, sogna, riceve gli amici, ascolta la musica, contempla i quadri, sistema i ricordi familiari o di viaggi. E' in definitiva una compagnia eletta, cui dedica attenzione ed amore sino a darle una storia e con essa una vita propria.



La vita personale e sociale d’un gentiluomo è punteggiata da ricorrenze, religiose, mondane e di natura puramente personale, molte delle quali hanno come epicentro la propria magione.



La festività per antonomasia è il giorno del Santo Natale. L’uso vuole che l’8 dicembre, giorno in cui si commemora l’immacolata Concezione, sia il dì d’inizio degli addobbi per il periodo natalizio, che alcuni vogliono si concluda con l’Epifania, altri con la Candelora. Dunque il giorno dell’Immacolata il gentiluomo si riserverà tutto il tempo necessario ad avviare la disposizione delle decorazioni per le festività natalizie. Alcune hanno dei posti fissi per ogni anno, altre variano. Mancano per alcuni anni, per poi ritornare ad essere riposizionate in modi e posti diversi, segnando così un tempo attuale all’interno di quello sacro ed eterno tipico delle ricorrenze. Comperare ogni anno un nuovo addobbo o un ulteriore personaggio per il presepe può inoltre essere considerata una consuetudine beneaugurante, un segno di fiducia nel futuro da un lato, di rispetto per la tradizione dall’altro.




V’era un mio caro amico, aristocratico gentiluomo, che con l’arrivo delle feste aveva l’abitudine di abbandonare qualsiasi lettura avesse in corso per dedicarsi a libri che avessero quale argomento il Natale. Solo il giorno seguente l’Epifania, riprendeva le usuali letture.


Il Natale oggidì viene vissuto come una festa mondana; ma non si deve dimenticare ch’essa è, soprattutto, una ricorrenza religiosa. Nulla di più opportuno che avvicinarsi alla realizzazione del presepe, con lo spirito gioioso di chi celebra la nascita del Salvatore ricreando un momento di incanto e riconoscenza. Il gentiluomo potrà far accompagnare la predisposizione allo spirito del Natale scorrendo i versi di Gabriele d’Annunzio:

I Re Magi
"Una luce vermiglia
risplende nella pia
notte e si spande via
per miglia e miglia e miglia.
O nova meraviglia!
O fiore di Maria!
Passa la melodia
e la terra s’ingiglia.
Cantano tra il fischiare
del vento per le forre,
i biondi angeli in coro;
ed ecco Baldassarre
Gaspare e Melchiorre,
con mirra, incenso ed oro";

O quelli di Guido Gozzano:

Natale
"La pecorina di gesso,
sulla collina in cartone,
chiede umilmente permesso
ai Magi in adorazione.

Splende come acquamarina
il lago, freddo e un po’ tetro,
chiuso fra la borraccina,
verde illusione di vetro.

Lungi nel tempo, e vicino
nel sogno (pianto e mistero)
c’è accanto a Gesù Bambino,
un bue giallo, un ciuco nero."



La tradizione presepiale trova le sue origini nelle immagini più antiche ritrovate nelle catacombe cristiane incontrando, di poi, nel suo divenire, il presepio di Greccio voluto da San Francesco, per arrivare alle fastosità artistiche dei presepi napoletani del XVIII secolo che, probabilmente, sono quelli più rinomati nel mondo, sia per le elaborazioni scenografiche, sia per l’alto valore artistico delle statuine e delle raffigurazioni. Vari sono, comunque, i principali filoni che ispirano la realizzazione d’un presepe: la scuola Napoletana, quella d’oltralpe, quella appulo sicula che, pur nascendo autonomamente, subì, in parte, l’influenza di quella napoletana, senza, peraltro, dimenticare quella ligure.



Nel’iconografia presepiale italiana più raramente si trovano, rispetto ai paesi d’oltralpe, ambientazioni che hanno come tema episodi anche precedenti alla nascita di Gesù:





l’annunciazione da parte dell’arcangelo Gabriele alla Vergine Maria,







la strage degli innocenti, il sogno di San Giuseppe e addirittura la fuga in Egitto come si può ammirare nel presepe Salzillo



Quest’ultimo è tutt’ora custodito nella città di Murcia che, con quello donato dallo scrittore ed architetto Michele Cuciniello al Museo Nazionale di San Martino, probabilmente, costituisce la massima espressione dell’arte presepiale mondiale.



Tra gli aneddoti che si raccontano intorno al presepe e che ne testimoniano la sontuosità, la magnificenza e l’opulenza raggiunta d’alcuni di essi, nei secoli addietro e, segnatamente, nel XVIII, v’è quello d’un titolato d’altissimo lignaggio che, trovandosi in una situazione di momentanea difficoltà finanziaria, impegnò gli ori ed i preziosi di cui erano adornate molte statuine del proprio sterminato presepe.



Il gentiluomo potrà trarre ispirazione dalle scenografie napoletane, distaccandosene, forse unicamente, nel posizionamento del luogo della natività che, sovente, in quelle realizzazioni, non è centrale rispetto all’insieme. Il fulcro di questi presepi è, infatti, rappresentato dalla taverna o da scene di vita quotidiana.



Fanno eccezione, ovviamente, i presepi, costruiti sullo "scoglio" o nelle "scarabattole" dove la Nascita, per questioni di spazio, è l’elemento centrale, se non l’unico, della rappresentazione. I materiali con cui vengono realizzate le statuine saranno quelli caratteristici delle tradizioni del luogo in cui il gentiluomo ha la propria dimora: legno, stoffa, cartapesta, creta. Solitamente sono alte tra i 30 ed i 35 centimetri; ma ve ne possono essere di più grandi come di più piccole.







E’ appena il caso di sottolineare che un uomo elegante, difficilmente, si orienterebbe a comperare un presepe "già pronto" e men che meno a posizionare, nel proprio, statuine che riproducono personaggi d’attualità. Sarà opportuno attenersi alla tradizione nel posizionare quegli elementi che non dovrebbero mancare in nessun presepe, ritenendosi liberi di dar spazio alla fantasia per quanto riguarda gli altri.



Il gruppo principale, ovviamente, è quello della natività. La Vergine Maria, abbandonata l’originaria posizione sdraiata,







viene, solitamente, raffigurata seduta, con il Bambino in grembo, o inginocchiata in adorazione; la veste è color rosa, il manto celeste ed il velo bianco. San Giuseppe ha la tunica color lilla ed il mantello giallo.



Il Bambin Gesù viene riprodotto, usualmente, non vestito e coperto in vita solo da una fascia.



L’ambientazione è una grotta, una capanna o le rovine d’un tempio romano o, più raramente, d’un arco di trionfo. Per quanto sopra detto la scena della Sacra Nascita dovrebbe essere collocata centralmente rispetto all’ambientazione complessiva dell’impianto presepiale.



Altre statuine che fanno parte della tradizione e che non si dovrebbe trascurare di posizionare nel proprio presepe sono gli angeli. Se si avesse la possibilità di fare un presepe monumentale o, comunque, molto grande, si potrà tener conto che i cori angelici sono nove: Coro delle Potestà, Coro degli Angeli Virtù, Coro dei Principati, Coro degli Arcangeli, Coro degli Angeli, Coro dei Serafini, Coro dei Cherubini, Coro dei Troni, Coro delle Dominazioni.



Ove, viceversa, ci si orientasse per dimensioni più idonee ad essere collocate in sale non particolarmente grandi, si potranno sospendere quattro angeli: tre sopra la natività ed uno sopra i pastori. I primi saranno gli arcangeli Michele e Gabriele, rappresentati nella posizione di coloro che hanno appena deposto il Bambin Gesù nella mangiatoia, ed al centro, ma in posizione leggermente arretrata rispetto a questi, l’arcangelo Raffaele con le mani incrociate.



Il coro angelico sopra la grotta, in alternativa, potrà anche essere rappresentato collocando, al centro del triduo dei messaggeri divini, un angelo che ha tra le mani il cartiglio "Gloria in excelsis Deo", simbolo della gloria del Padre, alla sua destra figurerà un angelo con il turibolo, simbolo della gloria del Figlio ed alla sinistra un angelo che suona la tromba, simbolo della gloria dello spirito santo. Il quarto angelo, comune, comunque, ai due gruppi precedenti, sarà quello sospeso sopra i pastori dormienti che annuncia l’arrivo del Messia. Egli recherà tra le mani un cartiglio in cui si potrà leggere: "hodie natus est vobis Salvator mundi". I pastori che compaiono in questo gruppo saranno raffigurati in guisa di persone che si stanno levando dalla posizione dormiente e volgono lo sguardo stupefatto e pieno di meraviglia verso l’angelo annunziante.





Altri pastori portatori di doni saranno collocati di fronte la grotta. Tra quelli tradizionali v’è quello che porta l’agnello sopra le spalle; quello che, piegato per il peso, porta una pecora dalle zampe legate; quello che offre formaggi di pecora. Questi pastori, nell’uso provenzale, hanno dei nomi e sono chiamati rispettivamente Nicola, Christol e Gervasio.



Poi, v’è il pastore della meraviglia che può, nella tradizione napoletana, identificarsi con Benino, il pastorello addormentato, circondato da dodici pecore simbolo della purezza delle anime. Normalmente è posto nel punto più alto del presepe e, dal luogo in cui dorme, si fa iniziare un sentiero in discesa che conduce alla natività.

Poi, v’è il pastore della meraviglia che può, nella tradizione napoletana, identificarsi con Benino, il pastorello addormentato, circondato da dodici pecore simbolo della purezza delle anime. Normalmente è posto nel punto più alto del presepe e, dal luogo in cui dorme, si fa iniziare un sentiero in discesa che conduce alla natività.



Un’altra scena che non dovrebbe mancare nel presepe è il corteo dei Magi. Essi possono rappresentare o le tre differenti razze: la semitica, la giapetica e la camita, o le diverse età dell’uomo; Melchiorre è l’uomo anziano, Baldassarre, l’adulto e Gaspare il più giovane. In ogni caso essi portano dei doni. La mirra, portata da Gaspare, il re delle Indie, nell’uso sacrale, come l’olio, d’altronde, veniva creduta carica d’una forza magica e, pertanto, si usava, nell’antichità, per "ungere" i re; il vocabolo Messiah, difatti, significa l’Unto. L’incenso, portato da Baldassarre, il re arabo moro, è una resina odorosa: bruciare incenso aveva ed ha, tuttora, il significato di adorare. L’oro, portato da Melchiorre, il re persiano, è il metallo più nobile e, quindi, degno d’un Dio; è contenuto in un sfera che simboleggia il mondo.



Questo insieme può limitarsi alla presenza dei soli re, in sella e preceduti da un palafreniere, o può arrivare a rappresentazioni anche molto complesse.







Le cavalcature possono essere dromedari o cavalli. Se si propende per i secondi, occorre sapere che solitamente sono dipinti in tre diversi colori: uno bianco, uno rosso ed uno nero. I curiosi di esoterismo potranno riconoscere in ciò i colori delle tre fasi alchemiche: albedo, rubedo e nigredo. Il discorso sulla simbologia presepiale potrebbe portare lontano e pertanto non sarà approfondito, ma non potrà sfuggire all’occhio attento di chi, nell’indagare le cose, ne individua la complessità in cui si rivela la semplicità.



Il gentiluomo che avesse spazi sufficienti per implementare questo gruppo potrà ampliare il resto del corteo comprendendovi animali esotici, odalische, nani, eunuchi, guardie forzute, schiavi, georgiane











precedute da paggi mori, georgiani,



la samaritana





e tanti altri. La taverna è tra i luoghi cui si dà maggiore visibilità nel presepe napoletano.







Tra i personaggi che qui si trovano, innanzitutto, vi è l’oste, in cui, taluni, ravvisano la figura del diavolo Belfagor.



La statuina del diavolo, però, raffigurato incatenato e dal volto truce, si usa collocarla nei pressi della natività. Nell’osteria siedono avventori, tra cui spiccano spesso giocatori di carte.



L’edifico dell’osteria è abitualmente collocato in uno slargo affollato da un’infinità di altre statuine.



alcune rappresentano i commercianti che hanno un posto fisso, altre raffigurano gli ambulanti:







fruttivendoli, la castagnara, pescivendoli, venditori di cocomeri eccetera.





Alcuni propendono per mettere tali commercianti in numero di dodici per quanti sono i mesi dell’anno facendo corrispondere ad ogni attività un mese:





Gennaio – il macellaio o il salumiere;
Febbraio – il venditore di ricotta e formaggio;
Marzo – il pollivendolo e venditore di uccelli;
Aprile – il venditore di uova;
Maggio - una coppia di sposi recanti un cesto di ciliegie e di frutta;
Giugno – il panettiere o farinaro;
Luglio – il venditore di pomodori;
Agosto - il venditore di cocomeri;
Settembre – il venditore di fichi o il seminatore;
Ottobre - il vinaio o il cacciatore;
Novembre - il venditore di castagne;
Dicembre - il pescivendolo o il pescatore



Personaggi tradizionali sono anche i Viggianesi, musici provenienti da Viggiano;







la zingara, raffigurata alternativamente con un bimbo in un braccio e nell’altro un cesto con oggetti metallici all’interno o con entrambi;







gli zampognari, spesso collocati in prossimità della natività, con il suonatore di ciaramella ed il cantatore di novene;





la lavandaia, che la leggenda vuole sia la madre di Santo Stefano; la procidana, giovane contadina portatrice di doni; il mandriano, rappresentato scalzo e con la scodella appesa alla ciotola e tantissimi altri.







Un personaggio che non può mancare sul presepe è il Ciccibacco, raffigurato, solitamente, mentre guida un carretto, trainato da un bue, con sopra le botti di vino o con un fiasco di vino in mano.







Elementi caratteristici sono, inoltre, il pozzo, metafora della relazione tra l’alto ed il basso; il ponte, simboleggiante il passaggio della vita alla morte; la fontana, in memoria d’una tradizione che vorrebbe che la Madonna avrebbe ricevuto l’annunciazione mentre attingeva acqua alla fontana.





Alcuni collocano più distante dalla grotta alcune casette a guisa d’un piccolo centro abitato che rappresenta Nazareth: qui si trova la casa di San Giuseppe con gli strumenti da falegname a pian terreno, appoggiati fuori la porta, e l’abitazione a quello superiore. Il gentiluomo che avesse spazio a disposizione può posizionare in alto, su d’un lato, con personaggi assolutamente più piccoli rispetto alle statuine che avrà collocato in primo piano, il palazzo di Erode.



Costui sarà sistemato unitamente a statuine raffiguranti soldati romani. Ancor più in lontananza, sull’altro lato, potranno essere rappresentate raffigurazioni della città di Gerusalemme, cinta da mura, e di quella di Betlemme. Il padrone di casa, che ha curato, o, comunque, sovrainteso, personalmente, alla costruzione del presepe, affiancherà la propria Dama nel posizionamento degli addobbi e decori natalizi: primo fra tutti l’albero di Natale.



La tradizione di decorare un albero si perde nella notte dei tempi. Probabilmente già nell’antichità precristiana si usava far ciò, verosimilmente in Egitto, ove, al posto dell’albero, v’era una piccola piramide in legno, quale quelle che si facevano costruire i faraoni, e che aveva un significato augurale e propiziatorio. In Egitto si adorava, inoltre, la divinità Baal Berith il padre dell’albero di Yule, forse un antesignano dell’albero di Natale. Da quelle terre fu portato in Europa dove la piramide fu simboleggiata, in quel significato, dagli alberi sempreverdi a portamento piramidale, quale gli abeti. Una leggenda narra che sia stato Martin Lutero il primo a sostituire la piramide con l’albero.
La tradizione cristiana più antica vuole che l’origine dell’albero di Natale sia dovuta a San Bonifacio. Questi, nell’ VIII secolo dopo Cristo, durante l’opera di evangelizzazione della Germania, piantò un abete al posto d’un tempio dedicato al dio Donar. Tale piantumazione, nel tempo, si fuse con i riti, delle popolazioni tedesche e scandinave, di rigenerazione della luce nel solstizio d’inverno, in cui le giornate si allungano, e quelli che attribuivano alle piante sempreverdi, quali l’abete, il potere di mettere in fuga gli spiriti del male che operavano maggiormente d’inverno, quando, per l'appunto, le ore di buio sono maggiori rispetto a quelle della luce.
L’iconografia cristiana, che raffigura Dio come colui che vince sulle tenebre, ben s’inserì nei riti pagani di tali popolazioni valorizzando, quindi, la figura dell’abete come metafora di Dio. D’altronde è vero che la comparsa dell’albero di Natale, addobbato per si conosce oggi, avvenne, probabilmente, per la prima volta, nella Germania del XVI secolo, come vuole una cronaca di Brema del 1570 che parla di un albero decorato con frutta. Questo primato è, però, conteso dalla città di Riga ove esiste un’iscrizione che parla di un albero di Capodanno del 1510.





Dal decorare l’albero con frutta, inizialmente, e con candele poi, il passo alle attuali decorazioni con palline, possibilmente in vetro, e con lucine è stato conseguente.













In ricordo delle antiche decorazioni si possono far pendere dai rami dell’albero della frutta secca, delle arance, dei biscotti allo zenzero o dei frutti di pasta di sale.







Sulla sommità dell’albero è d’uso mettere un puntale, a volte, sormontato dalla stella cometa, creando così una stretta connessione tra l’albero ed il presepe. Normalmente viene usato, quale albero di Natale, un abete della specie "abies nordmanniana" che è la più bella ed ha un portamento assolutamente piramidale;



ma anche altre varietà d’abete possono essere utilizzate. Altri alberi, quali il pino, non fanno parte della tradizione.







Il gentiluomo rifuggirà dal seguire l’abitudine, tipica d’oltreoceano, in cui s’acquistano alberi realizzati mediante il taglio della sommità d’un abete. Verosimilmente egli s’orienterà per acquistare da un vivaista un albero cresciuto in vaso . Egli lo farà posizionare nell’apposito contenitore ripieno di terra curando che vi sia sempre del ghiaccio in cubetti disposto a corona alla base del tronco. Tali alberi, caratteristici dei climi freddi, infatti, mal sopportano il caldo derivante dagli impianti di riscaldamento delle case.



Trascorso il periodo di Natale l’alberò potrà essere piantato nel proprio parco con una targhetta alla base che ne ricordi l’anno oppure potrà essere donato a qualche organizzazione che curi il reimpianto in piena terra.



Dal decorare l’albero all’addobbare la casa, in occasione della ricorrenza del Santo Natale, il percorso è stato breve.



In questo periodo, per la gioiosità che lo contraddistingue, il gentiluomo potrà acconsentire a qualche eccesso che spesso, in altre occasioni, contrasta con l’eleganza che vuole, tra le sue caratteristiche, quella della semplicità.



Pertanto, nel Natale, ben vengano festoni di rami d’abete a cui sono appesi piccoli pacchetti, fiocchi e pigne colorate.



Essi potranno essere posizionati lungo i cornicioni dei soffitti o pendere a guisa di drappo da sopra le porte o da sopra le finestre. Le ghirlande, sempre di rami d’abete, potranno esser collocate fra due quadri o sulla porta di casa.





Palline colorate a treccia od a piccoli mucchi potranno far la loro comparsa sopra i mobili, riempire i portafiori o guarnire la tavola di Natale.





Nelle nazioni d’oltralpe è d’uso la corona dell’avvento che reca quattro candeline; ognuna delle quali viene accesa nelle quattro domeniche prima di Natale.











Un’altra tradizione natalizia è il "Calendario dell’Avvento", anch’essa nata tra le popolazioni germaniche, ma che ora s’usa anche in Italia. Esso reca, per i 24 giorni che precedono il Natale, delle finestrelle dietro le quali vi sono cioccolatini, caramelle, piccoli doni e, a volte, dei pezzettini di pasta cruda. Ogni finestrella viene aperta in ogni giorno che precede la Santa Festività.







La sera di Natale s’intonano le pastorali; il primato della più bella, sicuramente, è detenuto dall’Austria con "Stille Nacht", in Italia nota nella versione denominata "Astro del Ciel".



L’albero, segnatamente nella cultura dello scorso secolo, è intimamente collegato alla figura di Babbo Natale, personaggio che vive in un luogo imprecisato del Polo Nord e che, la notte della vigilia del Natale, viaggiando su d’una slitta trainata da otto renne, depone, sotto l’albero, i doni.





l primo a parlare d’un personaggio che richiama alla mente Babbo Natale fu Washington Irving il quale, in uno scritto sulla città di New York nel 1809, scrisse di San Nicola che, tra l’altro era patrono della "New York Istorical Society" a cui, successivamente, egli aderì. Nella seconda edizione dell’opera aggiunse che questo santo "cavalca le cime degli alberi e al tempo stesso porta ogni anno doni ai bambini".



Fu solo dopo alcuni anni che Clarke Moore scrisse una poesia al riguardo intitolata "An account of a visit from St. Nicholas",



di cui si riportano i primi versi:
"Twas the night before Christmas, when all thro' the house,
Not a creature was stirring, not even a mouse;
The stockings were hung by the chimney with care,
In hopes that St. Nicholas soon would be there;
The children were nestled all snug in their beds,"



In questa poesia egli, dotò San Nicola di otto renne che denominò: Cometa, Ballerina, Fulmine, Donnola, Freccia, Saltarello, Donato, Cupido e gli attribuì l’abitudine di passare attraverso le canne fumarie dei camini. Babbo Natale non era ancora come viene rappresentato oggidì. Fu solo nel 1860, grazie all’opera di un disegnatore, Thomas Nast,



che Santa Claus iniziò ad assumere la fisionomia odierna: quella dell’omone panciuto che indossa un vestito bordato di pelliccia bianca residente al Polo Nord; residenza che, nell’anno seguente, fu precisata ed ampliata con la fabbrica di giocattoli dal romanziere George P. Webster nello scritto "Santa Claus and his works".









Intorno agli anni ’20 s’iniziò ad uniformare il colore della divisa di Babbo Natale che sino ad allora era stata variamente interpretata: il colore che prevalse fu il rosso.



La Coca Cola nel 1930 incaricò, per la propria pubblicità invernale, l’artista Haddon Sundblom di eseguiore una raffigurazione di Babbo Natale. Si dice che egli, nel far ciò, si sia ispirato ad un vicino di casa dall’aspetto bonario e tranquillo.



E’ in quest’ultima veste ch’è l’immagine di Babbo Natale è giunta sino a noi, non molto dissimile, comunque, da quella che lo raffigurò nella seconda decade del XX secolo.



Alle tradizionali, nell’ultimo decennio del XX secolo, se n’è aggiunta un’altra ad opera dei magazzini Montgomery Ward: Rudolph, quella con il naso rosso.



Un altro albero che compare nelle tradizioni delle famiglie, soprattutto del centro nord, è l’albero di Pasqua: un ramo, solitamente di maggiociondolo, spoglio, posto in un vaso, da cui pendono ovetti decorati, pulcini, dolcetti od oggetti colorati.







Esso può essere posizionato anche all’interno delle abitazioni; ma, normalmente, lo si pone a fianco della porta di casa. Nel periodo pasquale questo è l’unica decorazione con cui s’addobba la casa; altre, quali coniglietti e pulcini colorati sparsi un po’ ovunque, sarebbero eccessive. Non ci soffermerà più di tanto su tali tradizioni perché, usualmente, chi si occupa dell’albero di Pasqua è la Dama del gentiluomo.
Il padrone di casa nel contempo seduto su d’una comoda poltrona potrà leggere di Gabriele d’Annunzio "La Risurrezione":

Suono di campane,
voce che trasvola sul mondo,
canto che piove dal cielo sulla terra,
nella città sorda e irrequieta,
e nel silenzio dei colli
ove, nel pallore argenteo,
le bacche d’olivo maturano il dono di pace.
Suono che viene a te,
quale alleluia pasquale,
a offrirti la gioia di ogni primavera,
a chiamarti alla rinascita;
a dirti che la terra rifiorisce
se il tuo cuore si aprirà come un boccio,
che ripete un gesto d’amore e di speranza,
levando il mite ramoscello
in questa chiara alba di risurrezione!

In occasione di ricevimenti per festeggiare anniversari od altre ricorrenze



gli unici addobbi che ospiterà la casa d’un gentiluomo saranno i fiori freschi che trionferanno dai vasi portafiori.





L’abitudine di riempire la casa con piante verdi d’appartamento appositamente noleggiate non è consona al suo buon gusto. Anche nel caso fausto delle nozze d’una propria figliola la sua dimora sarà allietata, oltre che dalla gioia dell’evento, solamente dal colore e dal profumo di fiori bianchi nei portafiori, null’altro.



Vi sono, viceversa, dei periodi dell’anno in cui alcuni arredi della casa mutano.
Il gentiluomo indossa il frac nei ricevimenti ufficiali, lo smoking ricevendo gli amici, l’abito da visita nelle altre occasioni: egli, in una, cambia d’abito a secondo delle occasioni, non solo il peso della stoffa varierà di stagione in stagione a seconda delle condizioni climatiche ma anche la tipologia degli stessi: lini e cotoni in estate, lane di mezzo peso in primavera e d’autunno sino ai primi freddi, lane pesanti in inverno. Anche l’abitazione del gentiluomo si vestirà a seconda delle occasioni od a seconda delle stagioni. I tappeti di lana che creano un ulteriore diaframma tra il freddo dei pavimenti e le calzature di chi vi cammina sopra alla fine della primavera verranno riposti in lunghe cassapanche o in stanze di servizio ove dimoreranno sino al risvegliarsi dell’autunno.





Questo è il primo e forse il più importante dei cambiamenti d’abito della casa d’un gentiluomo. Nelle stagioni calde i marmi, le ceramiche, il cotto, i legni, la graniglia del seminato alla veneziana rifaranno bella mostra di sé con i loro disegni, i loro colori, i loro accostamenti.





Questa è, purtroppo, un’abitudine antica che tende a perdersi col progressivo diminuire della servitù anche nelle dimore più ricche. Il peso dei tappeti, spesso, arriva anche a 60/70 chilogrammi ed oltre, per quelli dei grandi saloni, ed il manovrarli necessita, infatti, di più persone che si dedichino a ciò.



Anche le guide che rivestono gli scaloni vengono arrotolate e riposte insieme ai tappeti.





Abbondanti dosi di antitarme potranno ben difenderli nel loro periodo di riposo ed in cui questi insetti tendono ad essere più voraci. La disposizione dei tendaggi subirà anch’essa un cambiamento con l’approssimarsi della bella stagione. Normalmente le tende che separano le stanze dalle finestre sono di due tipi tra loro sovrapposti: quelle invernali, di velluto, di broccato o di seta e, sotto di esse, quelle estive, di cotone, di lino o di mussola; queste ultime spesso sono abbellite d’inserti in pizzo ad intaglio.



I tendaggi pesanti, nella stagione fredda e di giorno, normalmente, sono incrociati verso l’alto per affiancarsi verso il basso negli embrasse e ricadere pieghettati sui pavimenti. Di notte, soprattutto lì dove il clima è più freddo e gli infissi, segnatamente quegli antichi, possono lasciar infiltrare qualche leggero spiffero d’aria fredda, vengono chiusi, per essere riaperti l’indomani mattina.
Con l’approssimarsi delle temperature più miti anch’essi cambieranno disposizione. Le tende invernali verranno aperte per raccogliersi in l’alto verso i lati della mantovana lasciando che siano solo le tende estive a far filtrare la luce del sole. Saranno solo queste che verranno aperte o chiuse a seconda che la luce che filtra dalle finestre attraverso i vetri possa infastidire o meno con il suo lucore.
Con l’avvicinarsi di quei dì in cui si può godere del piacere di leggere un libro, sorseggiare una bevanda comodamente seduti sulla propria terrazza o in un’area di sosta del proprio parco, verranno tirati fuori dalle stanze di servizio o dai ripostigli i salotti di vimini che renderanno comoda la seduta del gentiluomo.





Sedie in ghisa rivestite di comodi cuscini e tavoli, anch’essi in ghisa, adorni di volute a forma di tralci di edera o di vite o, comunque, riccamente decorate, usualmente di colore verde o bianco, verranno levati dai luoghi di riposo invernali e posizionati anch’essi sulle terrazze o sulle verande per consentire al gentiluomo di consumare una piccola colazione all’aperto.









Da quel che si è sin qui descritto si vede quali siano alcuni tra i più salienti cambi d’abito della casa d’un gentiluomo in occasione dei cambi di stagione. Il gentiluomo è l’amante del vivere gentile.



Egli amerà il buon gusto, l’eleganza e le raffinatezze fuggendo l’affettazione; a ciò impronterà la sua vita e tutto quel che lo circonda, sia nella vita quotidiana, sia in quelle occasioni ed in quelle ricorrenze che richiederanno per sé ma anche per la propria dimora il vestito da cerimonia. Sorseggerà cognac lungamente invecchiato leggendo un libro, seduto nella sua biblioteca, mentre il fuoco scoppietta nel camino, così come berrà lo champagne nei propri saloni addobbati per come si conviene in occasioni di ricevimenti, balli e festività. In tutto questo egli sarà accompagnato sempre dalla consapevolezza che potranno transitare le glorie terrene ma lo spirito immortale sopravvivrà senza fine.

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