c) Dell’Amicizia Questo termine si è usato sin troppo largamente a proposito di legami tra persone dello stesso sesso o di sesso differente. L’Amicizia tra uomo e donna resta però una potenzialità astratta. Ci limiteremo a dire che nutriamo delle perplessità sulla concreta possibilità che il sentimento che definiamo Amicizia nasca tra persone di sesso opposto (fisico o mentale che sia). Fra sessi diversi, l’attrazione corporea e la diversità dell’impianto immaginativo sono prevaricanti. Platone, ricordando nel "Simposio" il mito dell’androgino (essere primigenio con caratteristiche maschili e femminili che per la sua arroganza nei confronti degli dei fu tagliato in due da Zeus), fa dire ad Aristofane: "Ma quando l’organismo umano fu così diviso in due, ciascuna metà, desiderando l’altra, le andava incontro, e avviticchiandosi insieme per la brama di connaturarsi di nuovo, morivano di fame e d’accidia, non volendo far nulla l’una senza l’altra". Si vede chiaramente che tra i due sessi non v’è spazio per altro sentimento che non sia il predominante richiamo d’amore. E’ pur vero che l’etimologia dei due termini, amore ed amicizia, è pressoché identica ma essi contraddistinguono stati d’animo assolutamente diversi. Ci interesseremo, quindi, dell’amicizia virile, essendo quella tra le Dame estranea alla nostra indagine.
Evaso l’argomento quanto al rapporto tra maschio e femmina, l’Amicizia, come l’Amore, è invece possibile ed anzi frequente tra uomini di età, gusti, condizioni ed idee diverse o addirittura opposte. Questo fenomeno è di importanza vitale per tutta l’umanità ed è una ricchezza formidabile e degna del massimo rispetto, anche se non esisterà mai un Ministero per l’Amicizia. I primi romani riconducevano questo sentimento a quello della "sodalitas", più precisamente alla comunanza di bisogni all’interno di gruppi d’individui. "Sodales" erano infatti coloro che avevano uno scopo comune da raggiungere e per il quale, se del caso, combattere. Cicerone e Tacito usano il termine "sodales" e "sodalitas" intesi in senso di amici ed amicizia. All’origine del sentimento d’amicizia, verosimilmente, vi fu la vicinanza, la condivisione di bisogni appartenenti ad un gruppo di individui. Era necessario, pertanto, individuare comuni strategie alle quali partecipavano alcune persone della stessa compagine per raggiungere il comune obiettivo che avrebbe portato al soddisfacimento di tali bisogni. Tra quelle persone germogliò la primitiva coscienza dell’affezione sociale che qui ci interessa. Da queste esigenze pratiche nacque il sentimento d’amicizia inteso come "Vivo e scambievole affetto fra due o più persone, inspirato in genere da affinità di sentimenti e da reciproca stima". Va detto che gli amici si salutano con una stretta di mano ed uno sguardo negli occhi. Sbaciucchiarsi tra maschi è esecrando quanto parlare di salute, di peso o di corna. Vi sono le dovute eccezioni, solo quando si nutre un rapporto fraterno e una lunga lontananza o le importanti novità intercorse durante l’assenza caricano l’incontro di una speciale emozione. Lo stesso gesto, se non utilizzato per l’urgenza di un messaggio che non può trasmettersi con le parole, va evitato con fiscale disciplina. Tra le antiche amicizie la memoria s’indirizza a quella fra Eurialo e Niso. I due giovani troiani, mal sopportando la lunga inerzia nella difesa dell’accampamento e desiderosi della gloria, decisero un’incursione tra gli eserciti nemici dei Rutuli che li assediavano. Il loro intendimento era raggiungere Enea ed avvertirlo del pericolo che i propri compagni correvano. Eurialo fu circondato dagli avversari, nel mentre che Niso era riuscito a mettersi in salvo; avvedutosi del pericolo che il primo correva, il secondo ritornò sui propri passi per aiutare l’amico, ma la spada di Volcente, uno dei Rutuli, ebbe la meglio sull’ardore del giovane Eurialo. Prima di cadere, trafitto dal soverchiante numero degli avversari, Niso vendicò l’amico uccidendo Volcente. Quest’episodio, che nel nono libro dell’Eneide Virgilio ci ha tramandato, racchiude in se i valori dell’Amicizia Virile, quella che corre tra Uomini animati dalla Virtù. Difficile, quindi, immaginare l’Amicizia, quella vera, trovi albergo in animi non permeati dal sentimento del valore, scevri dall’eroismo, insensibili alla gloria. Solo tali sentimenti possono spingere al sacrificio estremo che nobilita e rende grande e vera l’Amicizia. Marco Tullio Cicerone, nel suo "Laelius sive de amicizia", al riguardo ci ricorda, riportando una frase di Ennio, "amicus certus in re incerta cernitur" ovvero: l’amico certo si riconosce nella sorte incerta. Ribadisce il concetto Publilio Siro scrivendo "Amicum an nomen habeas, aperit calamitas" ovvero: se tu abbia un amico, o solo uno che si dice tale, te lo chiarirà la sventura, egli scrive altresì "Amicum laedere ne ioco quidam licet", ovvero: nemmeno per gioco è lecito offendere l’amico. L’amicizia non nasce, come l’amore, con un colpo di fulmine. Sempre Cicerone, così scrive "Multos modios salis simul edendos esse, ut amicitiae munus expletum sit", che tradotto suona pressappoco così: bisogna mangiare insieme molti moggi di sale, perchè sia compiuto il dovere dell'amicizia. Abbiamo detto, all’inizio, che l’amicizia si fonda sulla stima e questa si pasce della valutazione della dirittura morale e della virtù altrui. Per arrivare a tali determinazioni occorrono comportamenti costanti e sicure prove. Solo dopo che sia trascorso molto tempo si può concedere ad altri la propria stima ed, ove del caso, la propria amicizia. L’Amico è la presenza discreta che ci cammina accanto anche se si trova lontanissimo. Kahlil Gibran scrisse: "Amico mio, tu e io rimarremo estranei alla vita, e l'uno all'altro, e ognuno a se stesso, Fino al giorno in cui tu parlerai e io ascolterò, ritenendo che la tua voce sia la mia voce; e quando starò zitto dinanzi a te Pensando di star ritto dinanzi a uno specchio". Tra le altre testimonianze sul sentimento dell’amicizia che rendono bene ciò che esso sia mi piace, qui, ricordare quelle di Padre David Maria Turoldo: "Penso che nessun'altra cosa ci conforti tanto, quanto il ricordo di un amico, la gioia della sua confidenza o l'immenso sollievo di esserti tu confidato a lui con assoluta tranquillità: appunto perchè amico. Conforta il desiderio di rivederlo se lontano, di evocarlo per sentirlo vicino, quasi per udire la sua voce e continuare colloqui mai finiti." o quella di Antoine de Saint Exupery: "Amico mio, accanto a te non ho nulla di cui scusarmi, nulla da cui difendermi, nulla da dimostrare: trovo la pace... Al di là delle mie parole maldestre tu riesci a vedere in me semplicemente l'uomo." Il compito più difficile nell’amicizia, per un gentiluomo, è quello del dover ammonire un amico che, inavvertitamente, erra. Egli è dibattuto nel dilemma se indicare all’amico l’errore con il rischio di dispiacergli o tralasciare di dare rilievo al fallo. A dirimere la questione ci viene incontro l’aforisma latino di dubbia attribuzione "Amicum secreto admone, palam lauda" ovvero: ammonisci l'amico in segreto, lodalo in pubblico. Ovviamente l’ammonimento verrà fatto con assoluta delicatezza, in modo da non offendere. Non sarà cosa disdicevole, prima di toccare il punto dolens, far presente che se a se stessi fosse capitato un fatto come quello occorso all’amico, a caldo, ci si sarebbe comportati nello stesso modo se non peggiore; ma a ben riguardare gli avvenimenti, a freddo, forse sarebbe stato possibile anche addivenire ad altri comportamenti o valutazioni. A questo punto sarà l’amico, con la sua sensibilità ed intelligenza, a trarre le inevitabili conclusioni. Se non dovesse avere tali qualità, probabilmente l’errore è vostro, quegli non può esservi amico. La vera amicizia è rara così come lo sono i tesori, quelli veri: "Qui autem invenit amicum invenit thesaurus".