Compendio



IL GENTILUOMO NELLA PROPRIA CASA



e) L’abbigliamento del gentiluomo nella propria casa

Il gentiluomo sa che le gioie più grandi sono quelle quotidiane e non sente il bisogno di uscire, per trovarle. Considera la propria casa come un re il suo palazzo ed ama trascorrervi tempo. Le proprie poltrone gli risultano più comode di quelle dei circoli, la propria cucina più gustosa di quella dei ristoranti. Ciò non significa che disdegni d’incontrare gli amici al circolo della caccia o della vela per conversare o assecondare la fuggevole tentazione del tavolo da gioco; né che non accetti di buon grado di recarsi ad un ristorante per soddisfare della propria Dama il piacere non certo di mangiare, quanto d’osservare le tolette delle altre gentili signore ed in modo civettuolo di farsi anche ammirare. Oltre a tali uscite ed a quelle inerenti il lavoro, non molte altre ve ne saranno: la partecipazione ad eventi mondani, a serate danzanti, a visite di ricambio, a conferenze, a mostre o a teatro.



Il gentiluomo ama invece vivere la propria casa, trovandola più confortevole di qualsiasi altro luogo. L’abbigliamento che vi adotta sarà scandito dalle ore della giornata e dallo scorrere ritmico e confortante della vita domestica. Appena egli s’alzi al mattino d’un nuovo dì calzerà le pantofole ed indosserà la vestaglia; troverà le prime ai piedi del letto, la seconda appesa ad un appendiabiti a portata di mano. V’è chi adempie al rito mattutino di bere un bicchier d’acqua versandola dalla brocca sul comodino, trovando che questo sia salutare per ben principiare la giornata. Le brocche d’acqua da notte sono diverse da quelle d’uso quotidiano: esse infatti hanno il bicchiere che si posiziona sul collo delle stesse a guisa di tappo. Ve ne sono alcune molto belle per foggia più che per decorazioni, d’epoca a cavallo tra il finire del XIX secolo ed il principiare del XX. Indossando la vestaglia da mattina, il Nostro si recherà nel bagno per le abluzioni mattutine dopo aver preso con sé la biancheria. Questo nome porta in se stesso una definizione, anzi una prescrizione. La biancheria ha da essere per l’appunto bianca. Che sia colorata o addirittura disegnata qui non si contempla neanche come remota possibilità, essendo colori e disegni nell’intimo riservati alle gentili signore o a chi desidera agghindarsi in modo femmineo. Il materiale da preferirsi è il puro cotone, talvolta il lino per il capo più intimo. La biancheria in lana diventa maglieria ed è per gli ammalati o per persone molto anziane. L’uso di un monogramma ricamato sulla biancheria resiste per tutte le altre tipologie ed è invece giustamente scomparso in quella intima, dove rischia di immettere leziosaggini decadenti. La vestaglia sarà normalmente in seta, tendenzialmente in tinta unita bleu o grigia. Verde scuro e rosso pompeiano sono altrettanto validi, come anche i disegni minuti, le righe cravatta e la fantasia cachemire. Sarà lunga appena sotto il ginocchio, per favorire quella comodità di movimenti che nelle incombenze di prima mattina è maggiormente necessaria. S’indossa sopra la camicia da notte o il pigiama, giammai con le calze. Non ha alcun bisogno del taschino, ma deve avere tasche per contenere almeno il fazzoletto.



Il gentiluomo si recherà quindi nel bagno, avendo cura d’appendere la vestaglia all’apposito attaccapanni. Dopo essersi liberato degli indumenti della notte ed aver provveduto alla propria igiene, indosserà la biancheria fresca e provvederà a lasciare il pigiama o la camicia da notte nell’apposito contenitore per quella da lavare. Il bagno del gentiluomo è il luogo in cui egli attende alla sua toletta ed alle sue necessità fisiologiche.



Sul lavabo vi saranno dei contenitori con il necessario per la rasatura della barba oltre che il sapone per le mani alloggiato nell’apposito portasapone. I contenitori per il sapone da barba oltre che il vaporizzatore per il dopobarba saranno in vetro con i tappi e gli accessori in acciaio cromato. Tali prodotti normalmente sono in vendita in contenitori di cartone contenenti boccette o vasetti con etichette reclamizzanti il contenuto e come tali poco adatti a figurare nel bagno dell’uomo elegante. Egli infatti, dopo averli acquistati provvederà a travasarli nei propri contenitori in vetro ed acciaio come sopra descritti. Vi sono contenitori con chiusure in argento od argentate, non brutte a vedersi sinché son perfettamente lucide; personalmente trovo che l’acciaio sia più igienico e più virile e, quindi, come tale, più adatto ad un gentiluomo.



Egli rindosserà, quindi, la vestaglia da mattina e si recherà nella stanza guardaroba o degli armadi per la vestizione. Se i propri impegni lo portano ad uscire, si vestirà nel modo appropriato. Se, viceversa prevede una mattinata in casa s’abbiglierà di conseguenza. E’ quest’ultimo caso che in questo capitolo c’interessa trattare. Dopo aver appeso all’apposito appendiabiti la sua amata vestaglia, calzando ancora le pantofole prenderà le scarpe da casa dall’armadio atto a contenerle, darà loro una passatina con una spazzola morbida, le riporrà vicino ad una poltrona ed indosserà la camicia.



Un uomo elegante, anche per le camicie che usa in casa, privilegerà il colore bianco ed il cotone quale tessuto. Non si può negare che i toni dell’azzurro siano gradevoli, eppure appaiono estranei a quella misurata classicità alla quale un uomo classico deroga con altrettanta misura. Le camice a righe policrome sono appropriate per usi estivi; quelle di lana o di flanella, specie se a quadri, sono l’ideale per chi avesse in programma una gita in Antartide, od una battuta di caccia alle anatre. Indosserà, quindi, le calze. Se di seta, col reggicalze, altrimenti non ve ne dovrebbe esser bisogno in quanto quelle moderne, in filo di scozia, hanno elastici sufficienti a non farle scivolare. Fatto ciò infilerà i pantaloni ed abbottonerà le bretelle, essendo le cinte non particolarmente adatte alla conformazione maschile d’un uomo che abbia superato da parecchio i trent’anni e non abbia più la muscolatura addominale tonica come quando si dedicava con passione agli sport. Le cinte evidenziano in modo assolutamente sgradevole eventuali rotondità, oltre a comprimere lo stomaco: quindi non solo fanno male, ma sono anche brutte. Calzerà, quindi, le scarpe dopo aver riposto le pantofole o sotto l’appendiabiti della vestaglia o sotto l’omino portabiti.



Le scarpe da casa sono delle calzature specifiche per l’uso domestico. Normalmente sono in velluto, ma ve ne sono anche di morbidissima pelle; non hanno né mascherina né puntale e la tomaia copre anche i quarti laterali. Sono assolutamente accollate. I colori preferibili sono il bleu, il rosso, il nero, il verde, tutti nella tonalità scura. La suola, usualmente è in cuoio molto sottile, il tacco è più basso di quelli normali da uomo ed è particolarmente leggero. Alcune volte il gentiluomo fa ricamare sulla tomaia un motivo decorativo; ne ho viste alcune con il monogramma o, addirittura, con lo scudo araldico; personalmente non trovo che la tomaia delle scarpe sia il luogo più appropriato a ciò, personalmente le preferisco lisce. Egli, dopo aver calzato le proprie scarpe da casa, sceglierà la cravatta – nella propria casa non dovrebbe aver necessità di fazzoletto da collo a meno che non sia influenzato – ed indosserà la giacca da camera.



Questo è un indumento particolarmente utile per alcune incombenze quotidiane. Essa, normalmente, è in velluto; ma può essere anche in lana; ha colori scuri ed è solitamente ricca nella foggia e nei disegni. V’è chi se la fa confezionare con l’abbottonatura ad alamari che possono essere ricamati anche con filo d’oro zecchino o con filo d’argento. Vi sono giacche da camera molto belle che hanno unicamente un bottone interno e sono chiuse da una cinta esterna fatta in guisa di cordone terminante con fiocchi dello stesso colore della giacca o del fondo, ove il tessuto abbia dei disegni. Se tale capo d’abbigliamento domestico è in lana i revers ed i risvolti delle maniche possono essere in velluto di cotone di colore in tinta con quello della giacca; eviterei su questo capo delle tinte a contrasto. Sarà comodo avere, comunque, due tasche ed un taschino; la presenza d’un fazzoletto in quest’ultimo non sarà mai mal garbo. Potrebbe esservi sempre, difatti, l’occasione d’offrirlo ad una Dama, ov’avesse a luccicare, per un emozione, un lacrima su d’una gota di lei. Tasche interne in una giacca da camera non dovrebbero esser presenti in quanto superflue. L’accendino non si tiene nelle tasche della giacca ma nel taschino dei pantaloni e, comunque, il gentiluomo, nella propria dimora non ne avrà mai bisogno essendovi un accendino da tavolo in ogni stanza di quella, per come si conviene. Giacche da camera marroni o grigie sono tristi e richiamano alla memoria quadri di fine ottocento, primi novecento in cui sono raffigurate vedute di modesti interni di case.


Dopo aver abbottonata od allacciata, a secondo del tipo di chiusura, la giacca da camera, il gentiluomo si recherà al tavolo della prima colazione, che consumerà, quindi, avendo quella indosso. Se egli trascorrerà la mattina in casa potrà mantenere tale abbigliamento, anche se sarebbe preferibile che, a questo punto della giornata, egli si cambiasse; un completo di tweed o di flanella, tinta unita o pied-poule sono molto eleganti per la vita tra le mura di casa. Se avesse, viceversa, mantenuto la giacca da camera e dovesse uscire nel proprio giardino o dovesse avvicinarsi l’ora di pranzo o seconda colazione, avrà cura di cambiar giacca e scarpe. Giammai si presenterà a pranzo con la giacca da camera. Dopo pranzo, se amasse, invece che riposare, il fumare un sigaro ascoltando della musica si recherà nella stanza degli armadi, rindosserà la giacca da camera e calzerà le scarpe da casa. Potrà trascorrere così il pomeriggio. I rigori invernali suggeriscono, prima del calar della sera, d’abbandonare la giacca da camera per una comoda vestaglia lunga, anche sino a lambire le calzature e da indossare sopra la camicia od il panciotto. Qui il gentiluomo potrà dar spazio alla propria fantasia e divertirsi con fogge e colori.



Velluti, righe ed arabeschi la faran da padrone e gli alamari diventan quasi un obbligo. La fodera interna sarà di pura seta, non avrà bisogno di tasche; dei tagli laterali, onde poter accedere alle tasche dei pantaloni, saranno più che sufficienti, il taschino sarà sempre utile per il fazzoletto. Dato la particolare estrosità che potrà avere questo capo, il fazzoletto da taschino potrebbe esser portato anziché ripiegato anche a sbuffo. Sul taschino il gentiluomo potrà far ricamare uno scudo araldico od il proprio monogramma. Potrà essere accollata o con ampi revers: il limite, a mio avviso, in questo capo particolarissimo è dettato solo dalla fantasia del suo possessore. Con questa vestaglia potranno essere ricevuti eventuali amici intimi od improvvisi ospiti; ovviamente non dovrà mai essere indossata in occasioni che siano appena formali. Il suo utilizzo sarà però limitato alla prima parte della serata. Quando s’approssimasse l’ora in cui venisse servita la cena o pranzo, a seconda dei luoghi geografici in cui tal pasto viene consumato, il gentiluomo avrà avuto cura di cambiarsi e d’indossare se non lo smoking, ch’è l’abbigliamento ideale per quest’occasione, almeno un vestito scuro, possibilmente nero, essendo il colore bleu più indicato per il mattino.



Se, terminato il desinare, egli s’attarda a conversare o, semplicemente, a fumare un sigaro continuerà a mantenere lo stesso abbigliamento; identico discorso varrà ove consumasse un cenino di mezzanotte, anche se l’abitudine a questo pasto è oramai caduta in disuso. Io, viceversa, trovo sia occasione simpatica e stuzzichevole per chi ami indugiare nelle ore notturne. Il cenino di mezzanotte giammai sarà a base di pietanze pesanti o di difficile digestione o con numerose portate; esso dovrà essere leggero e preparatorio a qualche momento da trascorrere con un pizzico di briosità: tartine, caviale, burro, del vino francese frizzante, un’aragostina o un paio fettine d’arrosto freddo con del condimento bollente saranno perfetti per tale pasto. L’arrosto, ovviamente dovrà avere la parte centrale assolutamente rossa, altrimenti non è degno della casa d’un gentiluomo. Concludere il cenino con della frutta esotica fresca potrà conferire allo stesso più che il senso d’un pasto destinato a soddisfare le necessità dello stomaco quello d’un cibarsi per soddisfare la vista, il palato e perché no, anche lo spirito.



Al termine della serata egli si recherà nella stanza degli armadi e, dopo essersi spogliato ed aver avuto cura d’appendere all’omino portabiti il vestito della sera, indosserà la vestaglia leggera sopra la camicia da notte od il pigiama e calzerà le pantofole con cui recarsi in camera da letto per coricarsi.



Vi sono gentiluomini che - per propri meriti, o per l’appartenenza ad ordini cavallereschi, o per abitudine propria o familiare a fregiarsi d’un segno distintivo - hanno l’uso di esibire i simboli di tali legami fregiandosene cn spile o anelli, solitamente all’anulare della destra e più anticamente all’indice. Queste abitudini, che seguono una certa prassi al di fuori delle mura domestiche, non sempre ben si addicono ad un uso interno della propria dimora. Tralascerei l’uso di spille o decorazioni tra le mura domestiche, avendo esse significato solo in occasioni di alta rappresentanza, per soffermarmi sull’abitudine di portare un anello con in rilievo uno scudo od un monogramma. Tale uso, nella propria dimora, è un fatto assolutamente individuale e non codificato. Vi sono anelli che hanno anche la funzione di stemmare la ceralacca; essi al contrario di quelli descritti nel periodo precedente non sono in rilievo ma sono incisi proprio per la specifica funzione alla quale attengono; di questi il gentiluomo non ha bisogno nella propria dimora avendo normalmente il proprio sigillo in un cassetto della scrivania di casa. L’uso d’uno scudo non è riservato ai soli gentiluomini appartenenti a famiglie inserite in elenchi, più o meno ufficiali, di stirpi nobili. Chiunque, infatti, può far realizzare uno scudo che, rispettando possibilmente le regole dell’araldica, abbia la funzione di rappresentare le peculiarità del suo committente o le sue inclinazioni spirituali e non sia già in uso d’altri. L’uso di corone nobiliari, lì dove non pertinenti, non è vietato, ma non è elegante; potrebbe essere simpatico, al contrario, l’uso di svolazzi decorativi intorno allo scudo senza eccedere giammai. Il detto araldico "chi più ha meno ha" è sempre valido; frequentemente anche nella vita e, purtroppo, spesso anche in società. Non trovo disdicevole, ov’abbia qualche pregio per finezza di lavoro o preziosità materiali, anche l’anello con il monogramma, beninteso lì dove non sia del genere degli anelli da prima comunione.



Il gentiluomo in casa non ha bisogno di allacciare al polso l’orologio né d’infilarlo nel taschino del panciotto, infatti, così come per l’accendino da tavola nella sua dimora ve ne sarà uno in ogni stanza. Se il gentiluomo dovesse avere un cortile interno, un "hortus conclusus", sarà elegante averne anche qui uno a muro, posto in alto e ben visibile da tutti gli angoli del giardino. Giammai sulla facciata principale della casa, a meno che non abiti in municipio.
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