Oggetto: Manutenzione e conservazione di cravatte e farfallini

Claudio Tettamanzi

da Oltrona di San Mamete, sabato 24 novembre 2018 alle ore 22:37:19

Esimio Gran Maestro

durante l'interessante ed istruttivo evento "Chapeau, fisica e metafisica del cappello" del nove novembre scorso a Parma, ho avuto la fortuna ed il piacere di ammirare la cravatta "da urlo", e mi son chiesto quale trattamento è consigliabile dopo l'uso delle cravatte (e dei farfallini), per eliminare eventuali pieghe (arrotolare, vaporizzare...), e come riporle e conservarle nel guardaroba: arrotolate, appese, infilate di piatto o di taglio nelle loro buste di plastica trasparente...

Negozianti, manifatture, appassionati, declamano pregi e difetti di un metodo o dell'alltro: non devono piegarsi, schiacciarsi, sgualcirsi, stirarsi, occupare spazio, ma piuttosto devono respirare, essere facilmente reperibili, lasciare che l'amatore goda della vista del proprio reggimento (o collezione)...

Cosa è meglio per la salute e la felicità delle cravatte (e dei farfallini)?

Certo di una risposta delucidante, porgo cordiali saluti e sentiti ringraziamenti.

Claudio Tettamanzi

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Giancarlo Maresca



Egregio signor Tettamanzi,
la sua domanda va oltre l'aspetto tecnico, perché chiedendomi della loro salute e felicità attribuisce alle cravatte una personalità, quindi un'attitudine a provare emozioni così come le generano negli altri con la loro opera e le accumulano in memoria con le storie cui partecipano. Molto bene, perché l'uomo Classico sente il mondo proprio con questo atteggiamento eroico, animista e pagano. Con una fede grazie alla quale ogni cosa o persona in cui crede può essere un viaggio, e ogni viaggio un'avventura. In alto ho riproposto una foto dell'evento ricordato dalla sua lettera, in cui indosso la citata "cravatta da urlo".




Le cravatte hanno poche esigenze, di cui l'unica importante è facile offrirla e comune a tutte le cose pregiate: vedere meno luce possibile. Per il resto dormono bene in piedi, ovvero appese, ma anche sdraiate. E’ senz’altro in questa posizione che è più razionale conservarle, in quanto disponendole in cassetti bassi e fitti se ne possono stipare alcune centinaia in poco spazio e tutte all’altezza giusta. Nella foto vede la cassettiera in cui tengo le trecento/trecentocinquanta che attualmente più mi piacciono, disposte per materiale e tipologia: stampate a disegni piccoli, stampate a disegni medi, stampate a disegni grandi, pois e tinte unite, tinte in filo fantasia, rigate e regimental, lane. Poiché sono quelle per l’uso quotidiano restano nude, altre le conservo imbustate in un cassetto unico e più alto, che funge da deposito.




I papillon, che ingombrano pochissimo, basta disporli a cavallo di una o più asticelle fissate dietro l’anta di un armadio.




Con un sistema simile si possono conservare anche i cachecol, appendendoli con quelle pinzette d’ottone a molla comunemente usate per reggere le tendine.




Il tessuto stressato dal nodo non si può stirare con un normale ferro, che trasforma la cravatta in uno stoccafisso senza vita.  si usavano una volta delle presse composte da due tavolette serrate da una o due coppie di viti o fermi a scatto.




Ora sono divenute più che altro un oggetto da collezione e non perché non funzionino, tutt’altro. Il primo problema è che manca la servitù che le manovri, il secondo che per ottenere un buon risultato bisogna prima inserire nella cravatta una lamina di cartone (veda il disegno delle istruzioni d’epoca), per creare volume ed evitare che il bordo, schiacciato da molti chili di pressione, diventi una lama brutta a vedersi. L’operazione risultava possibile perché le cravatte di quel tempo non erano altro che pezzi di tessuto corposo, quasi sempre tinto in filo, ripiegato e orlato. Raramente avevano un’imbottitura, mentre dagli anni settanta le cravatte, per poter più presto essere odiate e abbandonate, sono diventate macchine pesanti con più accessori di una berlina: passanti, fodere, doppia imbottitura, cornetti, taschini e tanto altro.  Vengono per lo più foderate e quasi tutte, eccettuate quelle fatte su misura per chi le chiede aperte, chiuse da un travetto che non consentirebbe a quell’anima di cartone di raggiungere l’altezza del nodo.




Chi non avesse un gentiluomo di camera e le cravatte aperte deve abbandonare l’idea delle tavolette in favore di dispositivi più compatibili con le abitudini moderne, come una spazzola a vapore. Badi che deve essere una vera spazzola, con delle setole e non semplici ugelli. Funziona così bene e nel guardaroba fa tanto di quel lavoro che facilmente diventerà il suo elettrodomestico preferito. Non ci si affezioni perché non durano molto, in compenso sono piuttosto economiche.

Cavallerescamente
§Giancarlo Maresca

da Napoli, martedì 4 agosto 2020 alle ore 19:17:58
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