Animalisti, ambientalisti e assolutisti

Oscar Wilde scrisse: "E' assurdo dividere le persone in buone e cattive. La gente è o affascinante o noiosa". Le persone più noiose sono quelle che so-stengono i propri punti di vista non per convinzione diretta, ma esclusivamen-te per sentito dire e cercano di smerciare al prezzo di una conquista originale i più abusati pensieri alla moda e opinioni mal riprese da un editoriale della set-timana prima. Il guaio è che siffatti personaggi discutono con la fanatica con-vinzione del pasdaran o del talebano. Parlando, sembrano allestire un tribunale di Allah. I condannati, cioè tutti coloro che non hanno avuto la loro visione, vengono giustiziati con commenti impietosi e gettati in fosse comuni. Ci si imbatte in tali soggetti anche lontano dai minareti, durante pranzi, cene e rice-vimenti. Un'infelice disposizione dei posti a tavola, le buone maniere ed una cristiana rassegnazione ci costringono ad ascoltare vacui monologhi di una noia terrificante. In tali casi, l'esperienza mi ha insegnato che il minore dei mali è il silenzio. Mi sembra che acceleri la fine del sermone ed ha il vantag-gio di poter essere vissuto come una penitenza per i propri peccati.
Vi sono dei tasti che più degli altri rischiano di avviare questo meccani-smo. Mi è capitato spesso di incontrare vegetariani dell'ultima ora, animaliste con pellicce in guardaroba ed ambientalisti che berciano di disastro ambienta-le dopo una portata di datteri di mare costati mezza scogliera. Provate a dire ad uno di questi signori di aver tratto delle sensazioni positive da un'occasionale incontro con la corrida ed i suoi sostenitori. Io ci sono cascato e la reazione è stata terrificante. Pur cercando di studiare il terreno partendo dai dettagli più civettuoli, come l'atmosfera all'ingresso della Plaza de Toros, l'abbigliamento dei partecipanti al corteo iniziale o di una certa parte di pub-blico degli aficionados, mi sono sentito peggio di un kamikaze palestinese so-pravvissuto ad una strage e catturato da militari israeliani.
La sentenza, pronunciata con sommaria istruttoria, è stata la solita: "Io faccio il tifo per il toro". Al mio ricorso in appello, si aggravavano le sorti con qualche originalissimo "Guarda che quei poveri animali sono tutti drogati ed hanno le corna tagliate. Io sono felice quando un torero ci lascia le penne". Dopo la condanna , la pena. Poiché queste menti semplici prendono la corrida per uno sport, ecco partire da chi aveva sentito solo la parola "tifo" un origina-le dibattito sulle sorti del calcio italiano, sui garretti di un certo Sig. Del Piero e sui goal realizzati da tali Baggio e Totti. Dall'accalorarsi della discussione pensavo d'essere in presenza di due addetti ai lavori della pedata italiota, poi ho scoperto trattarsi di un funzionario di banca e di un funzionario ministeriale entrambi sedicenti portatori di Nuovo Verbo sull'argomento. Gli altri com-mensali tacevano, sogguardandomi con sospetto.
I conoscitori possono illustrare molto meglio di me la corrida: io sono un profano, ma rivendico il diritto alle mie idee ed ho rispetto di quelle altrui, quando non abbiano un sapore di frigorifero e siano presentate come fresche. Credo che la morte del toro non sia una brutale mattanza e sia riscattata da momenti sublimi. E' molto più penoso vedere la carcassa di un cane abbando-nato e travolto in autostrada, ma ormai evito di parlarne a tavola o in salotto.
A meno che non sia un candidato in campagna elettorale, (o, forse, pro-prio perché lo è) un Monsieur durante una conversazione conviviale o salottie-ra non esporrà mai il proprio punto di vista con la ferma convinzione di espor-re in una verità rivelata o di essere uno dei Santi dell'Ultimo Giorno o il Mes-sia della Catarsi Finale. Una conversazione deve essere sempre condotta in maniera equanime ed utile al confronto ed allo scambio di idee, con il rispetto reciproco delle proprie idee. Insomma, con qualche pausa, così per vedere se gli altri non aspettavano altro che cambiare discorso. In fondo l'essenza della libertà è proprio il lasciare che ognuno esprima liberamente il proprio pensiero e pretendere proprio per questo il diritto al rispetto delle proprie idee. Cosa si-gnifica? Che nessuno deve pensare di arrostirvi in pubblica piazza per un'opinione ben motivata.
A molti sembrerà lapalissiano, ma ho visto indignati signori, scuri in vol-to, alzarsi da tavola mentre i loro contraddittori esprimevano concetti a loro antitetici. Questi atteggiamenti, scorretti in sé, denotano l'assoluta mancanza di originalità e di fantasia sullo sfondo di una grave mancanza di educazione. Il pasdaran-ambientalista-animalista-vegetariano da salotto arriva tra i primi e siede in un angolo "avendo il mondo in gran dispitto"; chiede se il formaggio sia stato fatto con caglio di vitello o con caglio artificiale, s'informa sul menù per dire che non mangerà carne e così via. Una volta identificato, il pasdaran (o la pattuglia dei pasdaran) entrerà silenziosamente e definitivamente nel li-bro nero.
Come risolvere il problema del pasdaran da salotto che può essere spesso oggetto di gravi imbarazzi per il padrone di casa? Qualora si sia informati sull'estremismo di un commensale, si segnalerà discretamente almeno agli o-spiti coi quali si ha più confidenza quale sia il terreno minato. Molti di essi e-sibiranno cicatrici che faranno comprendere che sono veterani di quelle batta-glie. La peggior cosa da fare, anche se spesso qualche terrorista del dopocena ci si butta a capofitto, è quella di provocarlo o di contestare le sue idee. So-prattutto se non sono sue, le sosterrà a spada tratta, roteandola e tagliando te-ste come Rinaldo in Francia. Chi conosce bene un argomento, fa invece ad-dentrare il nemico sul suo terreno come Napoleone in Russia, per colpirlo più duramente al momento giusto. Quanti ai tori, adottate la strastrategia detta "del marito infedele": tacete.
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